
26/10/10
Europa
Eppur si muove. A seguito delle iniziative parlamentari e ora con la proposta del governo approvata in consiglio dei ministri, si è finalmente aperto un dibattito sugli strumenti per migliorare la politica europea dell'Italia. Dibattito rispetto al quale il Partito democratico ha svolto un ruolo propulsore innanzitutto nelle commissioni per le politiche europee di camera e senato e, successivamente, con il "gruppo Lisbona". Alla camera la nostra iniziativa politica, rompendo un immobilismo decennale, si è già tradotta in almeno tre risultati concreti.
Il primo è l'applicazione sistematica degli strumenti di intervento parlamentare esistenti: la camera (anche attraverso l'impulso del comitato per l'esame dei progetti di atti della Ue, costituito su iniziativa del Pd) ha quintuplicato la propria attività in materia europea, esaminando dall'inizio della legislatura oltre 70 progetti di atti Ue (a fronte degli 8 della passata legislatura e dei 11 della XIV legislatura) e approvando oltre 30 atti di indirizzo. Tutte le questioni di maggiore rilevanza politica sono state esaminate, privilegiando la qualità e l'approfondimento piuttosto che la mera quantità, perseguita e declamata a fini statistici da altre camere. Abbiamo così anche sviluppato il dialogo politico diretto con Commissione, parlamento europeo e consiglio, ai quali sono trasmesse tutte le nostre pronunce.
Il secondo importante risultato è la riforma delle procedure regolamentari della camera, ottenuta peraltro in un contesto politico molto difficile. Su iniziativa del gruppo Pd, condivisa da tutte le forze politiche, la camera è stata tra le prime assemblee nella Ue a introdurre una specifica procedura per il controllo di sussidiarietà affidandolo alla competenza esclusiva della commissione politiche Ue. È stata inoltre istituita una vera e propria sessione di fase ascendente, collocata all'inizio di ogni anno, in cui valutare e confrontare le priorità politiche e legislative del governo e delle istituzioni europee, con lo scopo di aprire un autentico dibattito pubblico su questi temi nel Paese.
Il terzo e forse più rilevante risultato è stato proprio l'avvio del processo di riforma della legge Stucchi Buttiglione, che ha portato all'approvazione all'unanimità, presso la Commissione politiche Ue, del testo unificato di quattro proposte di riforma di iniziativa parlamentare, a seguito di una lunga indagine conoscitiva. Recependo gran parte della nostra proposta di legge, presentata già lo scorso anno, il testo pone il parlamento in posizione di forza rispetto al ddl del governo ma soprattutto fa piazza pulita di norme e procedure ormai inadeguate, scegliendo Tunica via rapida e praticabile per ottenere rapidamente una messa a punto della architettura legislativa nazionale, all'altezza della sfida europea.
Il dibattito che si è aperto su questo testo è utile e salutare se non altro per accendere un faro sul tema Italia-Europa, spesso disconosciuto a Roma.
Un confronto che, tuttavia, deve essere ricondotto nella giusta prospettiva. Non esiste, infatti, un approccio "innovativo" contrapposto ad uno "rinunciatario" o "minimalista". Vi è stata semmai a Montecitorio un'impostazione fortemente riformatrice, equilibrata e praticabile mentre il diverso approccio che altri propongono, per quanto condivisibile e suggestivo per alcuni versi, risulta a ben guardare difficilmente perseguibile. Facciamo l'esempio della scelta di mantenere una legge europea, per così dire "omnibus" (la vecchia Comunitaria scissa in due provvedimenti), anziché prevedere il recepimento di ciascuna direttiva con specifici disegni di legge da adottare, senza deleghe al governo, secondo la procedura ordinaria.
Quest'ultima idea, esaminata peraltro nel corso dei nostri lavori e che, in teoria, risponderebbe al principio corretto di rendere "ordinaria" la legislazione europea e rafforzare il ruolo del parlamento, si scontra con insormontabili obiezioni che finiscono per mettere in luce i pericoli più che i vantaggi di una scelta non innovativa ma azzardata. Infatti, i regolamenti vigenti di camera e senato, non modificabili attraverso la legge 11 del 2005, non consentirebbero di esaminare in tempi certi i (sempre più numerosi) disegni di legge di recepimento.
Di conseguenza, per evitare il rischio di condanne al pagamento di ammende, il governo ricorrerebbe probabilmente a decreti legge "salva infrazioni" con il risultato paradossale di mortificare ancor più il parlamento. Certamente sarebbe opportuno andare oltre le previsioni dalla legge 11 del 2005. Ma per farlo occorrono nuove modifiche dei regolamenti di camera e senato. Sarebbe un'ottima iniziativa se il Pd vi iniziasse a lavorare, come abbiamo richiesto nel corso dei nostri lavori, per trasformare la sessione di fase ascendente in una o due vere e proprie "sessioni europee", che consentirebbero di porre finalmente la politica europea al centro dei lavori parlamentari o, in subordine, prevedendo "corsie preferenziali" nelle commissioni di merito per i provvedimenti di recepimento di norme europee. Solo in tale nuovo contesto regolamentare potrebbero essere proposte modifiche più incisive che oggi esporrebbero invece il paese al pericolo di riaccumulare i ritardi nell'adeguamento alla normativa comunitaria e annullerebbero i passi in avanti fatti con le riforme Prodi-Bonino...
Sotto un secondo profilo, poi, la nostra proposta è particolarmente modernizzatrice, innovativa ed "europeista". La critica relativa all'assenza di disposizioni volte a rafforzare le relazioni del parlamento italiano con gli altri parlamenti appare, difatti, un po' singolare. Intanto non può certo essere una legge dello stato a intervenire su questa materia, riservata alla prassi della cooperazione interparlamentare, che va ulteriormente sviluppata. Soprattutto il ruolo dei parlamenti nazionali non è quello di affiancarsi e sovrapporsi al parlamento europeo nella definizione delle normative europee, né di formare un'ulteriore camera dei parlamenti nazionali.
Non ci pare che il Trattato di Lisbona imponga ai parlamenti nazionali di operare «in autonomia dai propri governi e in collaborazione con gli altri parlamenti», come alcuni hanno sostenuto, ma gli assegna il fondamentale compito di vigilare sul rispetto del principio di sussidiarietà, di tutelare quindi le prerogative nazionali e parlamentari in ottica veramente federale, di dialogare con la Commissione e il parlamento europeo e di indirizzare, controllare, verificare il comportamento del proprio governo. Per questo, il testo unificato mira a rafforzare enormemente il rapporto parlamento-governo nell'elaborazione e nell'attuazione della politica europea dell'Italia.
Del resto è questa la strada percorsa dai principali paesi europei che, accanto all'utile confronto interparlamentare in sedi quali la Conferenza dei presidenti e la Cosac, privilegiano l'indirizzo politico e l'approfondimento delle proposte politiche nella fase di elaborazione, il dialogo politico con la Commissione europea,un ruolo forte nella dialettica con i governi, l'efficienza e il controllo della fase di recepimento. Il testo di riforma proposto alla camera va proprio in quel senso. Anche dopo la proposta del governo, dovremo conservarne la forza innovativa e l'attuale larga condivisione tra le forze politiche, indispensabile in una riforma di sistema come questa.
Gabriele Albonetti, Pierluigi Castagnetti, Enrico Farinone, Laura Garavini, Sandro Gozi, Domenico Luca, Antonio Luongo, Maria Paola Merloni, Massimo Pompili, Antonello Soro, Walter Tocci
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