
ROMA Il caso Shalabayeva va oltre le beghe politiche nostrane. E se c’è stata una grave omissione, è stato il deficit comunicativo delle autorità kazake nei confronti del governo e della diplomazia italiani. Questa la nuova linea difensiva del tandem Farnesina-Viminale e il senso della convocazione "d’urgenza" da parte del ministro degli Esteri Emma Bonino dell’ambasciatore di Astana a Roma, Adrian Yelemessov, all’indomani dei risultati dell’indagine del capo della polizia Pansa. Yelemessov era in vacanza all’estero, così la responsabile della diplomazia e il suo staff hanno potuto sfogare la loro «forte sorpresa» e «disappunto» (nei termini più studiati del comunicato ufficiale), o meglio una «profonda irritazione» (nel resoconto dei funzionari che stanno seguendo il fascicolo da vicino) verso un incaricato d’affari: tale Zhanybek Manliyev che ha mostrato - riferiscono fonti bene informate - non poco imbarazzo nell’incassare la lezione sui diritti umani della ministra radicale. E in effetti non era stato certo lui, ma il suo capo Yelemessov il grande tessitore dell’opera- zione che portato all’espulsione-lampo di moglie e figlioletta dell’esule kazako Mukhtar Ablyazov il 31 maggio scorso. Bonino, come avrebbe poi reso noto la Farnesina nel suo comunicato, ha definito le modalità d’azione dell’emissario di Nazarbaev «irrituali», stigmatizzando «in particolare la ciréostanza che, in una vicenda così delicata anche sotto il profilo internazionale, i rappresentanti diplomatici kazaki non abbiano mai interessato la Farnesina».
L’ALTRA DENUNCIA Anche il prefetto Pansa - all’indomani del mea culpa del Viminale che ha già portato alle dimissioni del capo di gabinetto del ministro Procaccini - durante un’audizione in Senato ha parlato di «invasività delle autorità kazake», confermando la versione di Alfano per cui il ministro sarebbe stato «informato della richiesta del governo di Astana in merito al latitante, ma non dell’intera vicenda». «Per tutti e tre i giorni - ha segnalato il prefetto - nell’arco di tutta l’attività svolta, c’è stata una presenza massiccia e prolungata negli uffici di polizia di autorità kazake, e questo era il difetto per cui la vicenda». Roma tenta insomma, nei limiti del possibile, di puntare i riflettori su Astana. «A seguito della revoca del provvedimento di espulsione, da parte italiana ci si attende che alle due cittadine kazake possa essere quanto prima restituita la piena libertà di movimento», ha mandato a dire la Farnesina (dei colloqui con l’incaricato d’affari kazako Bonino ha informato anche Napolitano in un incontro al Colle in serata). Mentre un funzionario della nostra ambasciata ad Astana incontrerà nelle prossime ore un’altra volta, ad Almaty, la signora Shalabayeva. A che livello sta il termometro diplomatico fra i due Paesi? Yelemessov aveva già assicurato che il caso «non avrebbe incrinato rapporti saldi». Anche fonti italiane sostengono non è nell’interesse di Roma «guastare le relazioni» col regno del petrolio. «Vogliamo solo che i kazaki garantiscano libertà di movimento a Shalabayeva» sottolineano le stesse fonti. A questo scopo, c’è stato un passaggio della vicenda a livello europeo con una «sensibilizzazione» della Lituania, alla presidenza di turno dell’Unione, che oltretutto ha mantenuto una vera e propria ambasciata nell’ex capitale kazaka Almaty e quindi aiuterà l’Italia a monitorare da vicino la situazione.
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