
02/12/10
Il Foglio
Con buona approssimazione, mi pare si possa dire che un pensiero libero è un pensiero laico e che un pensiero laico è un pensiero libero. Possiamo dire ancora che un pensiero libero è un pensiero non dogmatico, e reciprocamente. Volendo approfondire, mi troverei però in qualche imbarazzo. Nel corso di recenti polemiche si è da qualche parte sostenuto che non è così, e che un pensiero dogmatico può essere anch’esso un pensiero libero. Il dogma, affermano i difensori della tesi, non è necessariamente, di per sé, un fattore di costrizione. La fede cattolica presuppone il dogma ma, parallelamente, non rinuncia alla libertà del pensiero. Sostiene anzi che la vera libertà del pensare è quella che si ancora al dogma, il, quale solo può dare la certezza di una verità cui il pensiero svincolato dal dogma non potrà mai giungere, per restare invece, impigliato, irretito, nel relativismo: e il relativismo, per codesti ardenti polemisti, è una libertà solo apparente e ingannatrice, contraria alla ragione, alla retta ragione, e insomma alla verità.
Tra accuse e ironie reciprocamente rinfacciate, le due tesi si aggrediscono, portando in campo ciascuna le proprie buone, o cattive, ragioni. Sul piano storico, di buone ragioni ne hanno in abbondanza tutte e due, sul piano puramente teorico i "dogmatici" restano alquanto svantaggiati, oltretutto perché contro di loro si solleva la canea dei pensatori da dozzina, i quali risolvono problemi comunque ardui con poco più che una battuta corriva, irriverente (e irrilevante).
Rinvio la palla agli esegeti, ai teologi e filosofi: se lo sciolgano tra loro, il dilemma. Nell’attesa, io mi intrattengo a spulciare i titoli di un paio di collane editoriali - una in pieno corso l’altra lontana nel tempo e ormai fuori commercio - che ci danno interessanti punti di riferimento in merito al rapporto tra pensiero e libertà. Ciascuna delle due pretende anzi di dare al lettore i "classici" del pensiero libero. La prima collana viene in questi giorni offerta, con un piccolo sovrapprezzo, agli acquirenti di un grande quotidiano.
Purtroppo, sono arrivato in tempo ad acquistare solo uno degli eleganti volumetti, il primo. Altrimenti, quando arrivo all’edicola le copie disponibili sono state già tutte vendute. Vanno a ruba: in un momento così negativo, immerso da una crisi spirituale profonda e circondato da nuvole di pessimismo, la gente va in cerca di un "pensiero" forte. Indizio di un mutamento di trend? Qualche tempo fa andava di moda la "New age", con le sue mitologie; evidentemente la gente non crede più all’avvento di un "mondo nuovo", elargitore di promesse mirabolanti e, saggiamente, si contenta di migliorare quello che c’è.
Manco a dirlo, il primo volume della serie, quello che sono arrivato ad acquistare, era il "Trattato sulla tolleranza" di Voltaire (1763). È stato presentato con gran battage ma purtroppo sotto un’insegna sbagliata, un vero e proprio falso: a quanto ho appreso, il famoso detto a lui attribuito, "Non condivido la tua opinione, ma darei la vita perché tu possa esprimerla", non è del grande scrittore ma venne formulato per la prima volta nel 1906 da Evelyn B. Hall, autrice, sotto lo pseudonimo di Stephen G. Tallentyre, di un libro dal titolo "The friends of Voltaire". Una versione del trattatello fu curata molti anni fa da Palmiro Togliatti, e uscì in una famosa collana, la "Universale Economica", che aveva come logo il canguro: forse ne potrete trovare una copia in qualche libreria dell’usato. Si tratta, lo sappiamo, di un classico: la polemica in difesa dell’infelice ugonotto Jean Calas, accusato di aver ucciso il figlio per impedirgli di convertirsi alla fede cattolica, messo alla tortura della ruota e infine ammazzato tra le urla duna folla fanatica, sembra di piena attualità, con tutti quegli islamici che uccidono le figlie perché si vestono all’occidentale o hanno il fidanzato non musulmano.
Cambiare il mondo
Al Voltaire la collana ha fatto, o farà seguire, opere di Milton, Rousseau, Erasmo, John Stuart Mill, Beccaria, Thoreau, Adam Smith, Pascal, Mary Wollstonecraft, Weber, Einstein, M.L. King, Freud, Darwin. Un bell’insieme di libri che, dice la locandina di presentazione, "hanno cambiato il mondo". Ma io ricordo, e posseggo integralmente, un’altra collana, a suo tempo anch’essa celebre. Sentite i titoli: I costituzionalisti inglesi, Locke, Montesquieu, Lume, Kant, Ideologi francesi, Humboldt, Hamilton, Jefferson, Constant, L’età di Jackson, Tocqueville, Liberali italiani, Liberali vittoriani, Mazzini, L’età di Lincoln, Cattaneo, Emerson, L’età di Wílson, L’età di Roosevelt. Non so se la collana oggi in commercio mantenga fede al suo impegno di presentare libri che "hanno cambiato il mondo", ma certamente esprime un’epoca di rimescolio (o di confusione) dei linguaggi; quella di ieri dava voce a certezze rigorose e a impeccabili speranze. Qualcuno la troverà foriera di un "pensiero unico". Mah. A mio avviso, era di stampo molto stringentemente liberale. Giudichi il lettore se anche più laico.
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