
Ho sempre pensato che non sia attraverso l'inasprimento delle pene e l'aumento dei reati che si combatte la criminalità» [...] «Continuiamo a privilegiare il carcere, la limitazione della libertà personale, come elemento qualificante ed elemento tipico della sanzione penale. Perché chiunque abbia esperienza di filosofia generale del diritto, di criminologia ma anche di pratica, sa benissimo che non è certo l'effetto deterrente della pena che possa limitare i reati» [...] «Non è l'entità della pena che può servire da deterrente. Noi però ci siamo filosoficamente fermati a questo principio: il carcere, le manette, le sbarre, sono l'elemento qualificante ed elettivo della sanzione penale. E finché questo rimane, non ne usciremo. Perché abbiamo un tot di reati che continuano ad essere commessi, perché abbiamo una panproliferazione legislativa che contempla come reati anche fatti bagatellari, come si dice. La stessa guida in stato di ubriachezza - cioè la guida con due spritz a stomaco vuoto anche quella evoca il carcere. Poi altri reati che intasano i tribunali e le celle. Da questa filosofia antica non siamo riusciti a estrapolare una novità che potrebbe essere quella esattamente opposta: il carcere dovrebbe essere l'extrema ratio, l'eccezione dell'eccezione nella sanzione. Saremmo facilitati a risolvere il problema se già da un punto di vista filosofico ci convincessimo che il carcere rischia di essere non solo inutile ma anche criminogeno, e quindi di provocare una donazione» [...] «L'amministrazione della giustizia è la causa e l'effetto di questa filosofia antica, che vede nel carcere e nella obbligatorietà dell'azione penale la garanzia della sicurezza sociale. Non è così, secondo me manche da un punto di vista empirico e sociologico».
Questo, e molto altro, ha spiegato il Procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, domenica scorsa a Radio Radicale in una conversazione con Marco Pannella. Una testimonianza straordinaria che dovrebbero ascoltare i più giovani, che secondo un recente studio del Forum Nazionale Giovani per il 60 per cento hanno una scarsa conoscenza del sistema carcerario italiano; e quei parlamentari che invocano più galera (e con voce più alta quando si avvicinano le elezioni) e che davanti alle misure annacquate del governo gridano all'amnistia mascherata. Ma soprattutto quelli che ancora si cullano nell'illusione che col carcere si possa comprare la sicurezza.
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