
Cara Europa, non capisco più nulla di quel che accade in Italia: a 45 giorni dai tre referendum per abrogare la legge sul ritorno al nucleare, la privatizzazione dell'acqua e il cosiddetto "legittimo impedimento" che consente al premier di sottrarsi alle udienze dei suoi processi, il governo fa scomparire la legge nuclearista, e così il referendum decade, poi minaccia di modificare anche le norme sull'acqua, così decade anche il secondo referendum. A questo punto resta solo il referendum sui processi, e la gente, a metà giugno, potrebbe essere indotta a non scomodarsi e restare al mare. Poi Berlusconi fa sapere che, superato lo scoglio, il governo tornerà al nucleare. E immagino alla privatizzazione dell'acqua, per la quale premono grossi interessi trasversali. Ma allora, le istituzioni sono una pazziella, come si dice qui a Napoli?
Roberto La Rosa, Napoli
Caro La Rosa, premetto che personalmente sono favorevole al nucleare e che nel 1987 feci parte
di quel 20 per cento di italiani che, nonostante Chernobyl, votarono no all'abrogazione delle
centrali nucleari. Coerentemente, il prossimo 12-13 giugno avrei votato contro l'abrogazione
della legge che ripristina il nucleare. Così mi sarei trovato per la seconda volta in minoranza,
visto che la stragrande maggioranza degli italiani, dopo il finimondo del Giappone, resta
contrario a quel tipo di energia. Ma, togliendoci la possibilità di votare da maggiorenni pro o
contro il nucleare, il premier pensa che perderemo interesse a votare per gli altri referendum,
soprattutto il terzo che lo riguarda personalmente e che gli sta a cuore almeno quanto la salvaguarda dell'energia nucleare per il futuro.
Ora lei mi chiede se le istituzioni in Italia siano ridotte a pazziella. Secondo Marco Pannella, lo sono da sempre (La peste italiana); secondo me, con Berlusconi e la sua destra populista la pazziella istituzionale è diventata esplicita, accettata e riverita. Ma è anche il popolo italiano che, accettandola, la legittima. Se è vero che la semplice prospettiva del processo Ruby fa aumentare le intenzioni di voto a favore del premier (così ha detto l'ultimo sondaggio di Mentana) crede lei che possa nuocergli la sfrontata dichiarazione: “Adesso non vi mando a votare perché votereste contro il mio piano, poi, quando vi sarà passata la fifa giapponese e sarete tornati ragionevoli, vi manderò pure alle urne; sempre che abbiate la pazienza di chiedere un altro referendum e di cominciare da capo la raccolta del milione di firme, visto che quelle che avevate raccolto un anno fa non sono più buone, vanno al macero insieme al referendum decaduto".
Veda, caro La Rosa, solo un popolo che, come diceva alla fine Mussolini, «è inutile governare», può farsi trattare a pesci in faccia così. Anzi, chiede di esser trattato così, ci prova gusto. Gli piace subire o sentire il bunga bunga. Si ricordi che Mussolini, anche dopo aver riempito l'Italia di macerie e di morti, cadde il 25 luglio non per rivolta di popolo, modello Tunisia, Egitto, Libia o tribù dissolute, ma per un colpo di stato ordito da corona, stato maggiore e gran consiglio. C'è qualche utente della Rai che abbia protestato perché, a un mese e mezzo dai referendum, la commissione parlamentare di vigilanza non abbia ancora predisposto un regolamento delle trasmissioni referendarie, sicché in tv non c'è ancora un dibattito pro o contro nucleare, acqua, legittimo impedimento? Tutt'al più non si paga il canone, unendo l'utile (l'evasione) al dilettevole (l'anarchia). Pannella fa lo sciopero della fame per questo «furto di democrazia», come lo si chiama, ma anche lui come me (siamo della stessa generazione) pensa forse all'Italia della Liberazione: dove un furto di democrazia non sarebbe stato consentito a nessuno, almeno a parole. Dopo trent'anni di tangentopoli, familismo, coschismo, generazioni tenute allo stato brado, la gente si chiude nel proprio individualismo: individualismo proprietario chi può, individualismo nichilista gli altri. E lasciano governare gli sciamani, visto che soltanto il buon esempio di un'intera classe dirigente può resuscitare agli occhi dei sudditi il desiderio di democrazia.
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