
30/08/10
Corriere della Sera
Moltissimi italiani sono delusi, arrabbiati con la politica. Un'estate di polemiche avvelenate - anziché di soluzioni per la crescita economica e il lavoro - li ha allontanati ancora di più. Alle radici di questa crisi c'è il fallimento del bipolarismo all'italiana. Erano annunciati due poli «europei»: un centrodestra liberale, un centrosinistra riformatore. Si è invece radicalizzata una partigianeria esasperata e inconcludente. E una verità abbagliante: in questi 17 anni, non ce l'ha fatta il centrosinistra e non ce l'ha fatta il centrodestra, nonostante dieci anni di governo (l'ultimo, con la maggioranza più larga in 60 anni di Repubblica). Ne scrivo in prima persona: dopo sette anni come sindaco eletto della Capitale, ho guidato la Margherita (un partito «a due cifre») cercando di contribuire a un profilo democratico-riformista nel centrosinistra.
Nel 2001, in alternativa a Berlusconi, avevo raccolto oltre 16 milioni di voti (pur senza Rifondazione comunista, radicali, Di Pietro), per poi costruire, assieme a Fassino, alleanze vincenti nelle amministrative, suppletive, regionali fino al 2006 e al governo Prodi. Ma il nostro governo perse fiducia nel Paese, prima che in Parlamento, anche per le pretese della sinistra più radicale, un corto circuito con il mondo cattolico, la mancanza di coesione interna.
Da qui l'estremo tentativo, con la nascita del Pd, di formare una visione e un progetto innovativi e credibili. Tentativo non riuscito, e certificato dalle ripetute sconfitte elettorali, Roma inclusa, che hanno accresciuto la divaricazione tra democratico-liberali e sinistra giustizialista e movimentista. Non ho lasciato il Pd con avversione, né alla ricerca di posizioni personali (cui, al contrario, ho rinunciato), ma per la certezza che ogni nuova battaglia in questa guerra di neo Guelfi e Ghibellini porterebbe il Paese più in basso. Non più lontano. Del resto, se non si voterà in autunno è proprio perché il primo partito sarebbe quello del rifiuto, dell'astensione. Ma è ancora possibile unire le forze responsabili, anziché ri-precipitarsi in conflitti frustranti in cui tutti perdono (e crescono solo le forze irresponsabili)?
Ecco quattro punti di risposta. 1. Il confronto che interessa gli italiani è sull'economia. Si stanno sottovalutando i pericoli dell'autunno. La forte crescita delle «scommesse» sull'instabilità italiana (i Credit Default Swaps). Il desiderio tedesco di accrescere la pressione europea sul nostro debito. Le criticità competitive e dell'occupazione (si discetta sulle inevitabili scelte di Marchionne, ma neppure si nomina, da mesi, il ministro dello Sviluppo economico!). Si promettono mirabilie federaliste, ma intanto si moltiplicano i centri di spesa e salgono, in regimi di monopolio, le tariffe locali. Difficilmente le forze responsabili potrebbero sottrarsi dal concorrere a un programma nazionale per la crescita nei prossimi anni. Senza confondere opposizioni e maggioranza. Noi l'abbiamo dimostrato votando l'unica riforma votabile di questa legislatura; quella sull'università (che ora attende le risorse per funzionare). 2. Ho proposto alcune settimane fa una convergenza per riforme essenziali sulla giustizia civile e penale. Ma il governo non ha risposto, inchiodato com'è su leggi e leggine ad hoc. Queste ci troveranno contrari. 3. La linea di Bersani propone un'alleanza di sinistra con Vendola e Idv e possibili accordi istituzionali più larghi. Questo non scioglie il problema della coerenza dei programmi; ma pone un punto di chiarezza politica, con cui misurarsi in modo costruttivo. 4. Un nuovo Polo politico nascerà. Nascerà su un coraggioso programma di governo (penso a molte misure di tagli della spesa pubblica pro crescita di Cameron-Clegg o alle scelte pro innovazione, formazione, ricerca della Merkel).
Noi abbiamo costituito l'Alleanza per l'Italia per unire le forze con chi condivida un'agenda di cambiamento e buongoverno. Nella Festa nel Borgo di Labro (Rieti, 2-5 settembre), avanzeremo una precisa proposta. Per questo nuovo Polo che faccia le, riforme, e per rispondere a milioni di italiani delusi.
© 2010 Corriere della Sera. Tutti i diritti riservati