
15/09/10
Il Riformista
Caro direttore, il ricambio generazionale e la partecipazione attiva nella vita dei partiti sembra essere il grande problema del Pd e la preoccupazione di Matteo Renzi, che ha paura di invecchiare annoiandosi.
Al di là delle "rottamazioni della vecchia guardia" - non si sa bene con quali e più efficienti sostituzioni - e oltre i bollori rivoluzionari, i malcontenti e le varie "tentazioni correntizie", sarebbe bene concentrarsi sulle regole del gioco, più che sulle sole persone. E le regole del gioco in Italia sono fatte per mantenere giovani e vecchi distanti, per mantenere i partiti in una perenne non contendibilità, in un'assenza di concorrenza, per soffrire prima di aria viziata e poi morire di noia. Ma in concreto, quali sono i mezzi che vecchie e nuove generazioni hanno per rimettere un poco a posto i partiti e il paese? Mi permetto di portare ad esempio modelli alternativi e non conservativi, che non sono né in Islanda né in Tanzania, ma in via di Torre Argentina 76, a due passi dal Pantheon (la sede del Partito radicale).
Il Partito radicale si è caratterizzato per assenza di paletti, generazionali o ideologici, che limitassero la partecipazione: dall'assenza di sezioni giovanili, spesso il box per gli under 35, al motto del "chi c'è, fa" indipendentemente dall'età o dal genere. C'è poi un argomento chiave: la doppia tessera. La possibilità di avere la doppia tessera testimonia come la politica si faccia e unisca su obiettivi condivisi e concreti, su vite o pezzi di strada comuni. Forse non è un caso che questo sistema aperto, privo di barriere, (un po' come certe villette americane senza staccionate e con la porta di casa mai chiusa a chiave), abbia portato il Partito radicale ad avere una storia molto più lunga e "incisiva" di tante altre organizzazioni politiche, nonché a poter contare anche su compagne e compagni molto giovani. Segretari di partito poco più che ventenni, giovani donne elette in Parlamento (Emma Bonino vi entra per la prima volta a 27 anni), dirigenti nazionali di partito, come chi vi scrive, di 26 anni.
Questa è la mia personale esperienza: quando un partito ha obiettivi chiari e condivisi, una dialettica interna intensa, meccanismi trasparenti, non ha bisogno di rottamazioni, perché gioventù, maturità, impulsività ed esperienza, lavorano bene insieme. Il cambio di passo non si realizza solo per mezzo delle primarie - certamente elemento importantissimo - ma cambiando "dettagli" essenziali, aprendo porte e finestre senza avere paura degli altri o timore di improbabili scippi. Infine, c'è la sfida per tutti, junior e senior, per avere un paese con governi stabili e competizioni elettorali vere: il sistema elettorale, di cui molti chiacchierano ma in pochi davvero discutono.
C'è una associazione per il collegio uninominale (uninominale.it) che nasce proprio dalla passione di Marco Pannella e dei radicali e che vede sostegni illustri e bipartisan, da Ichino a Baldassarri. Sarà bene che chi davvero intende cambiare i partiti e la politica e vuole ridare voce ai cittadini e alle cittadine italiane, senza tradirli/e di nuovo come avvenne dal '93 in poi, sostenga questa battaglia. E forse un caso che le democrazie più solide abbiano questo sistema elettorale, un sistema più trasparente e corretto, perché valuta il radicamento territoriale del politico di circoscrizione e non accetta liste di nominati? Ed è ancora un caso che i paesi con il sistema uninominale abbiano maggiore capacità di ricambio generazionale (vedi Obama, Cameron, Clegg e altri)? Non serve dunque rottamare: per non morire di noia, occorre abbattere molti paletti eretti dai grandi partiti. Via le sezioni giovanili e il divieto di doppia tessera, per avere primarie vere e un nuovo sistema elettorale uninominale, per mettersi realmente in gioco.
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