
Uno degli effetti comici, se così si può dire, della confusione con cui ci si avvicina alle prossime, profondamente illegali, elezioni politiche è lo smarrimento delle gerarchie ecclesiastiche. In un primo momento convinti sostenitori dell’agenda Monti, adesso fanno veramente fatica a vedere chi sarà il paladino dei loro dogmi: ma se abbandonano d’un colpo i loro fini e casini (con maiuscole o senza), i vescovi potranno mai tornare a un Berlusconi che annuisce sulle coppie gay (e povere coppie gay che adesso verranno linciate, per colpa sua, dagli antiberlusconiani di ferro)? Potranno mai sperare in un afflato di integralismo cattolico dal partito dei giudici o dai grillini? Forse no, ma il loro vero dramma è un altro: nessuno dei suddetti sembra davvero tirarli per la tonachetta. Tranne forse il Pd, con i suoi ripetuti ammiccamenti alla bontà dei messaggi papali, con la quasi esclusione di Paola Concia dalle liste e con il suo silenzio liturgico su una anche minima ipotesi di alleanza con i Radicali, gli unici che la laicità dello Stato non l’hanno mai nascosta sotto i tappeti per avere le poltrone. Ma i vescovi lo sanno: il cattocomunismo è stato un fallimento. Dovrebbe saperlo anche la Sinistra.
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