
02/11/10
Europa
Cara Europa, nostro signore di Arcore si dichiara «schifato, disgustato» dai fatti relativi alla marocchina Ruby, da lui sottratta a polizia e magistratura «per bontà d’animo» (ne risponderà Maroni al parlamento, lui al giudice naturale?) Ha detto proprio così, di essere «schifato, disgustato», quel che dovremmo dire noi di lui, anche se non lo diremo, perché, come scrive Beppe Severgnini nel suo pamphlet La pancia degli Italiani, noi e Berlusconi viviamo in simbiosi: non nello spirito, negli ideali, o magari soltanto nel senso comune, ma nella pancia, vero collante degli italiani. Altro che «in alto i cuori», come pretendeva Mussolini: qui conta tenere piena la pancia, in sintonia con quella del leader. Del resto, se il Vaticano aspetta il «contesto» magari per concordare il quantum a scuole cattoliche, cliniche, alberghi, restauri, nuove chiese, lor, Ici, insegnanti di religione, perché dovremmo affaticarci noi a far crescere nel culto delle istituzioni un paese che non vuol crescere?
Claudio Maggi, Milano
Caro Maggi, domenica pomeriggio, triste come ci intristisce in un "ponte di novembre" una città nera di nubi, con vento e pioggia, buio alle cinque di sera, case senza termosifone e tv inguardabile per non sentire il puzzo di lenzuola che viene da Milano, mi è arrivata da Radio radicale (la radio è un invenzione stupenda, con le sue mille voci a tua liberissima scelta) la voce flebile di Marco Pannella, quasi impossibilita ad articolarsi per lo sciopero della sete e della fame, che il mio vecchio amico e leader radicale sta facendo (e che ieri ha parzialmente interrotto) per i 70mila detenuti nei lager della repubblica e altre porcate italiane e contro la pena di morte a Tarek Aziz: gerarca non innocente di Saddam, ma ultima voce che possa dire al mondo come sarebbe stato possibile evitare la guerra in Iraq e come invece si fece di tutto (da Bush e dai suoi alleati europei, Blair Berlusconi in testa) perché la guerra venisse considerata come inevitabile. E mi sono ricordato quel che lo stesso Marco aveva detto il giorno prima nell’intervento al congresso radicale, tra l’altro inviando a me (si figuri a me semplice iscritto al Pd e al Pr) un saluto quasi felliniano («ciao, Federico») in ricordo di quando il comune amico Montanelli scriveva che coi radicali si poteva anche non essere sempre d’accordo, anzi spesso lui non lo era, ma qualsiasi cosa facessero si sentiva con loro «odore d bucato». Ricambio a Marco il saluto affettuoso, col più pressante invito a smetterla di abusare della sua salute, a riprendere a nutrirsi, e fumare un po’ meno: specie ora che la sua non violenza ha avuto il riconoscimento del ministro Frattini, disposto a recarsi in Iraq con lui, non solo per evitare un altra forca, credo. E così mi sembrava di vedere e sentire l’Italia di sempre: non moltissime anime elette (sgradite anche a chi dice d’aver cura di anime), ma milioni di «pigri cuori, desueti orecchi, anime giacenti», come ruggiva Carducci pensando alla «terra di morti» dell’insultante poeta francese. Marco deve capire che un’energia come la sua, senza la quale probabilmente non avremmo vinto le battaglie dei diritti civili che resero civile questo paese negli anni Settanta, è oggi più necessaria di allora. Perché allora c’era una società arretrata che tuttavia voleva cambiare, oggi siamo ricaduti in un’altra fase di arretratezza, con una società che invece non vuole cambiare. Sta troppo bene in sintonia con la pancia del premier, a rotolarsi in lenzuola sporche, che le sembrano profumi. Non abbiamo nulla contro le lenzuola, purché di bucato: ben sapendo che esse non faranno da bende al cadavere di questo stato. Che a suo modo fu liberal democratico di diritto, ed è ridotto ad angiporto del suo padrone. Trattamento che nemmeno Mussolini gli aveva riservato, non foss’altro perché era un vecchio maestro elementare dell’800, quando i maestri erano lo stato.
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