
Cara Europa, leggo che Putin trova insopportabili le brutte notizie che pullulano sui giornali e propone (cioè decide) di fissare un tetto: non più del 30 per cento potranno essere pubblicate. Le altre nel cestino. Sbaglio o ci dovrebbe ricordare qualcuno?
Mara Orsanico, Venezia
Caro Orlando, quando ho visto (a fatica) la notizia «Registro delle unioni civili, testamento biologico, cittadinanza ai figli degli immigrati», credevo che la nostra Roma vaticanizzata fosse impazzita, con tanta sbornia di laicità e diritti umani. Ma poi ho letto che si trattava di Milano, mentre a Roma i referendum cittadini chiesti dai radicali sulle stesse tematiche e un odg sulle coppie di fatto non sono passati in consiglio comunale. Tutto fermo, come un crocefisso.
Paolo Izzo, Roma (paolo@paoloizzo.net)
Come vedete, cari amici, in politica c’è chi propone di non pubblicare le cattive notizie e chi non le fa nemmeno nascere, pensando che possano essere cattive per qualcuno anche se buone per tanti altri. La decisione di Putin, signora Orsanico, le ricorda Mussolini: il quale stabilì che gli omicidi, i femminicidi, gli infanticidi, le rapine, gli stupri erano incompatibili con l’ordine nuovo creato in Italia dal fascismo; e proibì ai giornali di darne notizia. Poiché «il media è la notizia» (McLuhan), se non c’è il media-notizia non c’è nemmeno il fatto, deve aver pensato il cavalier Benito, già giornalista di prim’ordine.
È quel che pensa oggi Grillo, che annuncia in un delirante messaggio ai suoi di non tollerare più le loro eccessive critiche alle “parlamentarie” , e provvede intanto a cacciarne subito i primi due, al suo ducismo, alla gestione finanziaria delle 5 Stelle: ossia, mi avete rotto i c. e dunque fuori dalle palle, cioè dal movimento, che è mio e lo gestisco io.
Un po’ come la Rai, dove il triumvirato catto-montiano-berlusconiano Tarantola-Gubitosi-Verri rinvia il Festival di Sanremo per la concomitanza elettorale, in modo da assicurare la par condicio tra spettacolo leggero e politica; e assicurare le caste orecchie del pubblico contro le parolacce che sfuggono troppo volentieri alla signora Littizzetto. In questa Italia del Braghettone, dove i calciatori sono fasciati dalla testa ai piedi come mummie, alle atlete di volley sono stati imposti gli ex calzoncini dei calciatori, le violiniste delle orchestre hanno dovuto rinunciare ai loro storici decoltè, insomma dove la pruderie, ritinteggiata da femminismo integralista, domina come ai tempi delle gemelle Kessler; in un’Italia impegnata (economia e lavoro a parte) su queste miserie, come vuole, caro Izzo, che ci sia tempo e spazio per pensare (non dico fare) le cose importanti cui lei pensa da europeo?
È per questo, credo, che lei ha stentato a trovare nei giornali la notizia delle decisioni milanesi. Ed è per combattere questo stato di cose che io sono d’accordo con la sua nuova lettera di ieri, «Emma ripensaci»: nella quale dissente dall’opinione della senatrice Bonino, che definisce «Né automatica né indispensabile» una sua candidatura a ruoli istituzionali. Sarebbe meglio che lo facesse dire a noi elettori; e le ricorda l’entusiasmo della sua candidatura alla regione Lazio e il panico che essa provocò sulle due rive del Tevere in attesa del nuovo Anno Mille.
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