
Caro Direttore, per una volta non mi ritrovo nel titolo del Giornale «Braccio di ferro Pdl-Dc». È in corso un'operazione di trasformismo cinica e bara: cinica da parte di Casini e Bersani che invece di affrontare la crisi del Paese la usano per abbattere Berlusconi; bara da parte di quei deputati votati dai cittadini nella lista «Berlusconi presidente» e che oggi votano perché Berlusconi non sia più presidente. E qui il mio dissenso dal titolo: cosa c'entra la Dc? Ammesso che il regista del ribaltone sia Casini, qual è il nesso con la Democrazia Cristiana? La Dc è stato il più grande partito della storia democratica del Paese.
Ha salvato l'Italia dal comunismo. Ci ha portato tra i primi sette Paesi al mondo con diritti sociali a cui solo oggi faticosamente arriva l'America. Poi c'è stato il declino, l'amara parabola finale. Nell'ultima battaglia del partito io fui uno dei quattro eletti dello Scudocrociato nei collegi uninominali. L'onorevole Casini abbandonò la nave che affondava e si candidò nelle liste di Berlusconi. Fui tra i primi, da direttore del Popolo, organo della Dc, a scrivere che Silvio Berlusconi era l'erede non solo dei voti ma del ruolo politico della Democrazia Cristiana. Come la Dc, Berlusconi ha fermato una sinistra non più comunista ma giustizialista, ha tenuto unito un Paese a rischio secessione, ha dato ai cattolici uno strumento di impegno politico grazie al quale centinaia di noi siedono nelle istituzioni.
Siamo noi, il Pdl, caro Direttore, la Democrazia Cristiana. Gli amici del Terzo Polo, con tutto il rispetto, sono il doroteismo, malattia mortale di alcuni democristiani che porta a cavalcare la convenienza presentandola negli abiti del realismo politico. Cosa c'entra la Dc con Casini, Fini e Rutelli? I tre hanno in comune solo di sedere da trent'anni in Parlamento, esattamente dal 1983, quando furono eletti uno per la Dc, uno per il Movimento Sociale e l'altro coi Radicali. Direbbe Di Pietro, che c'azzecca la Dc?
Io da democristiano non pentito penso che non si è democristiani o berlusconiani solo quando si vince. Pertanto, a questo giro consiglio al presidente Berlusconi di restare se stesso, orgoglioso di una storia che segna venti anni di vita civile del nostro Paese. Presenteremo al Parlamento le scelte necessarie per l'Italia, lasceremo ai deputati la responsabilità di bocciarci ben sapendo che dopo sarà il popolo sovrano a scegliere il governo più adatto per il Paese.
*Ministro per l'Attuazione del programma
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