
«L’Italia e gli Stati Uniti restano vincolati da un’amicizia forte. Proprio per questo per noi è indispensabile che ci sia la massima chiarezza su quello che è successo: lei comprende che in questo paese c’è un grande e giustificato allarme da parte dell’opinione pubblica». Quando si sono trovati faccia a faccia, nel salotto "Deti" di palazzo Chigi (quello che Mussolini usava come studiolo privato), Enrico Letta l’ha spiegato in maniera pacata ma netta al segretario di Stato americano: sul Datagate l’Italia si aspetta ancora risposte.
Nell’incontro - durato più di un’ora e a cui ha preso parte anche il ministro Emma Bonino lo spazio dedicato allo scandalo dello spionaggio americano è stato piccolo, ma quei tre minuti sono stati sicuramente i più difficili della riunione. Gli americani sono ipersensibili sull’argomento, devono fronteggiare un disastro planetario sul piano dell’immagine e dei rapporti internazionali, per cui apprezzano molto chi, come Letta, non alza troppo i toni. Eppure anche il premier italiano, per quanto attento a non suscitare risentimenti, nella sostanza non ha fatto sconti. Trovando un interlocutore disposto all’ascolto.
Letta, fanno sapere fonti di palazzo Chigi, «ha riscontrato un atteggiamento cooperativo» da parte del segretario di Stato. Il quale si è attestato sulla linea tracciata da Obama giorni fa: l’intero sistema delle intercettazioni è attualmente «under review», una revisione di tutti i protocolli e un controllo delle procedure anche legali. Ma Kerry, pur ammettendo l’esistenza del problema, su un punto non è arretrato di un millimetro: «Noi non desideriamo affatto intercettare gli italiani né lo abbiamo mai fatto. Ma il pericolo del terrorismo esiste ed è un nemico che va combattuto con ogni mezzo perché sono in gioco vite umane». Come riferiscono fonti dell’ambasciata di Via Veneto, il segretario di Stato ha insistito su bilanciamento tra interessi altrettanto importanti: «Il nostro obiettivo è di trovare il giusto equilibrio tra la protezione della sicurezza e la privacy dei nostri cittadini». In ogni caso, ha assicurato Kerry, l’Italia sarà informata passo passo, «con strette consultazioni», sull’andamento del processo di revisione dei programma di ascolto elettronico. Al momento questo è il massimo che gli Stati Uniti possono ammettere o concedere. Del resto, spiega il sottosegretario (con delega ai Servizi) Marco Minniti, «noi italiani abbiamo interesse a correggere, non a distruggere l’intelligence Usa. Gli americani hanno una capacità operativa in questo campo senza uguali nel mondo e non siamo certo noi ad augurarci che sia destrutturata. Anzi, essendo quello dei Servizi un sistema a vasi comunicanti, un’intelligence Usa forte aiuta anche la nostra». È la consapevolezza di far parte di una "comunità di destino"; che unisce l’Europa agli Usa contro i nemici dell’Occidente, a far sì che gli italiani non usino la mano troppo pesante sullo scandalo Datagate.
Ma è chiaro, anche alla luce delle ultime rivelazioni sulla Merkel, che la guardia resta alta. «Dobbiamo acquisire tutta la verità - conferma il vicepremier Angelino Alfano - e dire tutta la verità senza guardare in faccia nessuno». Letta ha anche una preoccupazione in più. Il "sogno" del premier è infatti quello di coronare il semestre di presidenza italiana dell’Ue con un successo anche simbolico: la firma a Bruxelles, alla presenza di Obama, del Trattato di commercio fra America e Europa (Ttip). Ma è chiaro che il pasticcio del Datagate può rendere impervio questo negoziato e rischia di dare più fiato a chi si oppone alla liberalizzazione degli scambi fra le due sponde.
Il timore del premier si è materializzato ieri quando l’Europarlamento ha approvato una mozione ritorsiva contro gli Usa, chiedendo la sospensione del programma di controllo delle transazioni finanziarie dei terroristi. E se accadesse domani anche sul negoziato Ttip? In ogni caso, a parte il Datagate, sul resto dei temi affrontati nel colloquio - dalla Siria all’Egitto, dall’Afghanistan al Medio Oriente - c’è stata «piena sintonia» tra i due governi. Sulla Libia gli americani chiedono all’Italia di iniziare subito la formazione di 270 ufficiali (l’addestramento sarà affidato ai Carabinieri) e di aiutarli nel processo di Institution building; sull’Iran, entrambi hanno «valutato positivamente le aperture della nuova leadership sul programma nucleare».
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