
Se l’Europa è la «sua casa», il Medio Oriente è l’area cruciale per l’Italia. E per il presidente del Consiglio. Un’area su cui il nostro Paese intende investire e giocare un ruolo di primo piano. Enrico Letta, è giunto a Gerusalemme per la prima visita in un Paese non europeo. Nella giornata di oggi, il premier italiano incontrerà il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu e il presidente dello Stato di Israele, Shimon Peres. Domani Letta incontrerà a Ramallah il Presidente palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Prevista anche la visita al Museo dello Yad Vashem e del Tempio italiano di Gerusalemme, dove Letta incontrerà i rappresentanti degli italkim.
SCELTA STRATEGICA Ma prima di dare il via agli incontri ufficiali, Letta si è concesso una giornata «privata», assieme a sua moglie e allo staff. Nel pomeriggio visita della Città Vecchia, con un piccolo «fuori programma». Il presidente del Consiglio, durante la visita al Santo Sepolcro - scena che si è poi ripetuta al Muro del Pianto, si è imbattuto in un gruppo di turisti italiani, che lo hanno subito riconosciuto e voluto salutare. Non sono mancate le strette di mano e gli incoraggiamenti ad andare avanti, «siamo con lei». La giornata si è conclusa con una cena, sempre in forma privata, ad Abu Gosh, paese arabo a pochi chilometri da Gerusalemme, dove è molto forte una presenza cristiana.
ASSE CON WASHINGTON Il primo incontro che aprirà la visita ufficiale del premier italiano, sarà con Tony Blair, questa mattina, membro del Quartetto sul Medio Oriente. Un incontro che vuole sottolineare la forte attenzione di Roma verso la questione mediorientale. Del resto, l’Italia offre tutto il suo appoggio affinchè si riaprano i negoziati di pace e si possa giungere a una soluzione positiva del conflitto. Il governo italiano è da sempre impegnato a dare il suo contributo affinché si possa realizzare l’obiettivo di due popoli in due Stati, garantendo al contempo la sicurezza dello Stato di Israele. Un primo segnale in tal senso è stato dato anche con l’incontro, avvenuto a Roma, tra Letta e il segretario di Stato Usa, John Kerry. Ed è anche per sottolineare l’impegno italiano verso la pace in Medio Oriente, che il presidente del Consiglio, primo leader tra i grandi del G8, ha voluto iniziare le visite ufficiali extra Ue in Israele e nei Territori, offrendo il proprio contributo alla riuscita della «missione» di Kerry, in un’ottica legata all’intero bacino mediterraneo nel suo complesso. Una missione, quella di Kerry, che resta in salita: i quattro giorni di «spola» negoziale tra israeliani e palestinesi del capo della diplomazia Usa, terminati ieri, non sono serviti a raggiungere risultati concreti. Kerry lascia lo Stato d’Israele ammettendo che, seppur siano stati ottenuti dei progressi, c’è ancora da lavorare. Nulla di fatto, quindi, manca l’accordo per far ripartire il processo di pace, dopo tre anni di stallo. L’Italia farà la sua parte, è la garanzia offerta dal governo italiano. Una garanzia che dà conto dell’asse Usa-Italia per il rilancio del processo di pace israelo-palestinese che si era rafforzato, con la missione a Roma del maggio scorso compiuta dal capo della diplomazia statunitense. Per due giorni «Roma è diventata crocevia diplomatico di una nuova importante tornata di colloqui», avevano hanno sottolineato sia Kerry che la ministra degli Esteri italiana, Emma Bonino, nella conferenza stampa alla Farnesina. Nella capitale si sono intrecciati gli incontri dell’uno e dell’altra con i protagonisti della regione: da Tzipi Livni, ministra israeliana incaricata del dossier dei negoziati con i palestinesi, al ministro degli Esteri della limitrofa Giordania Nasser Judeh, all’inviato del Quartetto per il Medio Oriente Tony Blair, passando per una telefonata da Roma al presidente palestinese Abu Mazen. Un altro dossier caldo che sarà al centro dei colloqui del premier italiano. Ai suoi interlocutori israeliani, il presidente del Consiglio ribadirà le ragioni per cui l’Italia è contraria all’invio di armi in una regione già piena di armi» e punta invece su una soluzione politica che passa per la conferenza di «Ginevra 2». Un impegno che Letta ribadirà ai suoi interlocutori israeliani, così come la volontà del nostro Paese di mantenere la presenza italiana nella missione Unifil in Libano. Un impegno molto apprezzato sia da Gerusalemme che da Beirut.
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