
«Una cosa simile non può più accadere». A Enrico Letta non è piaciuta per niente la manifestazione di Brescia, non gli sono piaciute le parole di Silvio Berlusconi contro la Corte costituzionale e soprattutto non gli è piaciuto che in quella piazza in cui si attaccava la magistratura ci fossero dei ministri del suo governo. E glielo ha detto direttamente ad Angelino Alfano e anche a Maurizio Lupi, che insieme a Gaetano Quagliariello erano lì a Piazza Duomo, per un appuntamento che sulla carta era a sostegno del candidato sindaco della città e che nei fatti ha costituito una bordata contro il potere giudiziario e provocato pesanti fibrillazioni che hanno investito l’esecutivo, le forze che lo sostegno, il rapporto tra i singoli partiti e i rispettivi elettorati.
Per questo il presidente del Consiglio consegna un duro monito al vicepremier: «Non posso tollerare che si ripeta quanto avvenuto a Brescia. Se dovesse succedere, si andrebbe direttamente tutti a casa». Il colloquio, molto duro, avviene all’interno del pulmino blindato che nel primo pomeriggio carica sul retro di Palazzo Chigi il premier, il suo vice e titolare dell’Interno, il ministro per le Infrastrutture e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Tutti gli altri ministri salgono su un pullman più grande, all’interno del quale il clima è più rilassato, mentre quelli che non abitano lontano da Sarteano fanno il viaggio con la propria auto (Massimo Bray arriva a bordo della sua Panda, Maria Chiara Carrozza e Josefa Idem arrivano insieme). È la giornata del ritiro nell’Abbazia di Spineto, voluta da Letta per, come ha detto lui, «fare spogliatoio». Ma la manifestazione di Brescia complica tutto. Tanto che il premier e il suo vice devono affrontare un colloquio preliminare per capire come andare avanti dopo quanto avvenuto. Alfano prova a giustificare, a dire che non c’è differenza tra la manifestazione in piazza del Pdl e l’Assemblea nazionale del Pd, dove pure Letta è andato sabato. Ma il premier non ci sta, dice che il parallelo è insostenibile, che i contesti erano profondamente diversi e anche i toni utilizzati, che all’appuntamento del Pd il nuovo segretario Guglielmo Epifani ha fatto un intervento in cui si sollecitava un ancor maggiore impegno a sostenere il governo, mentre a Brescia è andato in scena un evento che non ha aiutato l’esecutivo, anzi.
Alla fine della discussione i due concordano di non portare il peso della discussione alla riunione con gli altri ministri, ma Letta chiede al suo interlocutore un impegno formale per un cambio di registro. Così, mentre un paio d’ore dopo tutti i membri del governo si siedono attorno al tavolo nella foresteria dell’Abbazia di Spineto, il portavoce di Letta Gianmarco Trevisi e la portavoce di Alfano Danila Subranni vanno dai giornalisti a leggere il comunicato concordato da premier e vice, da leggere in apertura dei lavori, questo: «Da qui alle elezioni amministrative i ministri e sottosegretari non parteciperanno a manifestazioni elettorali o dibattiti televisivi che non siano incentrati sui lavori del governo o sulle competenze dei rispettivi dicasteri». Strascichi della vicenda è inevitabile che ci siano, ma al vertice informale di Sarteano provano a guardare avanti. Discutono di come lavorare sulle riforme istituzionali (a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, da una legge sui partiti e dal superamento del bicameralismo perfetto e la creazione di una Camera delle autonomie) trovando l’accordo sul fatto che questo lavoro deve procedere parallelamente a quello sulla nuova legge elettorale. Tutti d’accordo anche sul fatto, però, che se sulle modifiche alla prima parte della Costituzione si inceppasse qualcosa, bisognerebbe invece accelerare sul superamento del Porcellum. Di temi economici si discute ma saranno i prossimi Consigli dei ministri i luoghi deputati a sciogliere i nodi (secondo il ministro dell’Economia Saccomanni l’accordo politico sulle modifiche da apportare all’Imu c’è, ma bisogna ancora capire come trovare le risorse necessarie).
Letta è però chiaro su un punto, e lo dice anche riferendosi a quanto avvenuto sabato: se il governo si concentra sulle politiche, sulle misure economiche da approvare, sulle riforme necessarie al Paese, si può andare avanti, se viceversa è la politica, e le inevitabili polemiche, a tenere banco, non si va da nessuna parte. Sulla carta sono tutti d’accordo, ma bisognerà vedere cosa succederà nelle prossime settimane e se tutti avranno la volontà di mettere il governo al riparo da vicende politiche e anche giudiziarie. Dopo la discussione c’è anche il tempo per degustare i prodotti tipici locali, per la “cena itinerante” (in ogni locale dell’Abbazia un assaggio di salumi, formaggi, focacce), per un bicchiere del vino offerto dal sindaco di Montalcino (di offerto non c’è altro e ogni ministro ha pagato 200 euro per vitto e alloggio). Il vertice informale si chiude oggi. Bisognerà invece aspettare qualche settimana per capire se sia stato veramente utile.
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