
12/04/10
La stampa
È la prima vittoria dei risparmiatori contro le banche nella vicenda delle obbligazioni di Lehman Brothers, e non c’è stato bisogno di arrivare a sentenza: l’avvocato Angelo Castelli di Formia, massimo esperto nella tutela del risparmio in Italia, ha ottenuto per un suo cliente la restituzione integrale del capitale più le spese (in totale 51.600 euro). A pagare per chiudere in contenzioso con una soluzione stragiudiziale è stata la Banca Network Investimenti. La causa è stata dibattuta davanti al tribunale di Napoli, il cliente difeso è un dirigente della pubblica amministrazione. Castelli, che è assistente di diritto finanziario all’università di Cassino, ha un carnet di più di 150 vittorie contro le banche, con 45 milioni di euro recuperati dai crack dell’Argentina, di Cirio e di Parmalat. Adesso si apre un altro filone. Spiega l’avvocato: «Per far valere i propri diritti riguardo alle obbligazioni Lehman ci sono (in teoria) tre linee di attacco, due delle quali, però, destinate a non portare risultati. La prima è l’insinuazione al passivo: ci si mette in fila fra i creditori e si aspetta di ricevere qualcosa. Ma non arriverà mai niente, perché il poco che è rimasto in cassa andrà ai creditori privilegiati. Oppure possono essere citate in giudizio le agenzie di rating, che davano un eccellente giudizio ai bond di Lehman e l’hanno abbassato solo dopo il default.
La loro responsabilità è conclamata, ma non hanno una grande patrimonialità. L’unica via giusta, secondo me, è citare il giudizio le banche». Angelo Castelli precisa che ci sono due fattispecie.
«Sui 200 mila risparmiatori italiani che si sono ritrovati in portafoglio 2 miliardi di obbligazione Lehman, circa 100 mila avevano conti amministrati, e gli altri 100 mila avevano sottoscritto polizze zenit
linked. Nel caso dei conti amministrati, le banche sono responsabili perché avrebbero dovuto avvertire i clienti di quello che stavano facendo con i loro soldi, e dei rischi che stavano facendo loro correre.
Invece nel caso delle polizze unit linked le banche in molti casi non le hanno utilizzate davvero come polizze assicurative. Se lo avessero fatto, avrebbero dovuto garantire il capitale, e invece si sono rifiutate di farlo, giustificandosi con il default del titolo Lehman sottostante. Ma comportarsi così è come ammettere che il prodotto venduto non era una polizza, soggetta alla regolamentazione più blanda delle assicurazioni, ma un prodotto finanziario che ricade sotto la normativa rigorosa del testo unico della finanza».
Polemiche sulle obbligazioni della banca Usa Lehman di recente sono state sollevate dal Codacons. L’associazione dei consumatori, per bocca di Codacons Bruno Barbieri, vice presidente del Codacons, ha sostenuto che Unicredit era a conoscenza del rischio rappresentato dalle obbligazioni Lehman Brothers tanto che ad un mese dal default della società americana dava esecuzione ad ordini di acquisto classificando il rischio del titolo in un caso medio-alto, equivalente a 3, e nell’altro alto, equivalente a 4, il più alto. Ma in una nota UniCredit ha respinto «categoricamente le accuse formulate dal Codacons,
che non fanno altro che generare confusione». Replica sui vari punti, Unicredit ha precisato che «fino al 12 settembre 2008 le società di rating attribuivano ai titoli Lehman Brothers giudizi di elevati livelli di sicurezza».
La loro responsabilità è conclamata, ma non hanno una grande patrimonialità. L’unica via giusta, secondo me, è citare il giudizio le banche». Angelo Castelli precisa che ci sono due fattispecie.
«Sui 200 mila risparmiatori italiani che si sono ritrovati in portafoglio 2 miliardi di obbligazione Lehman, circa 100 mila avevano conti amministrati, e gli altri 100 mila avevano sottoscritto polizze zenit
linked. Nel caso dei conti amministrati, le banche sono responsabili perché avrebbero dovuto avvertire i clienti di quello che stavano facendo con i loro soldi, e dei rischi che stavano facendo loro correre.
Invece nel caso delle polizze unit linked le banche in molti casi non le hanno utilizzate davvero come polizze assicurative. Se lo avessero fatto, avrebbero dovuto garantire il capitale, e invece si sono rifiutate di farlo, giustificandosi con il default del titolo Lehman sottostante. Ma comportarsi così è come ammettere che il prodotto venduto non era una polizza, soggetta alla regolamentazione più blanda delle assicurazioni, ma un prodotto finanziario che ricade sotto la normativa rigorosa del testo unico della finanza».
Polemiche sulle obbligazioni della banca Usa Lehman di recente sono state sollevate dal Codacons. L’associazione dei consumatori, per bocca di Codacons Bruno Barbieri, vice presidente del Codacons, ha sostenuto che Unicredit era a conoscenza del rischio rappresentato dalle obbligazioni Lehman Brothers tanto che ad un mese dal default della società americana dava esecuzione ad ordini di acquisto classificando il rischio del titolo in un caso medio-alto, equivalente a 3, e nell’altro alto, equivalente a 4, il più alto. Ma in una nota UniCredit ha respinto «categoricamente le accuse formulate dal Codacons,
che non fanno altro che generare confusione». Replica sui vari punti, Unicredit ha precisato che «fino al 12 settembre 2008 le società di rating attribuivano ai titoli Lehman Brothers giudizi di elevati livelli di sicurezza».
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