
08/10/10
Il Mattino
Giudizi non ne vuole esprimere, ma certo il presidente del Senato Renato Schifani reduce da un incontro con il primo ministro cinese Wen Jiabao a Palazzo Giustiniani - non chiude la porta a una modifica della legge elettorale. A patto però - ed è questa la posizione ribadita ieri anche da altri esponenti della maggioranza- che un eventuale cambiamento si inserisca in un quadro generale di riforme. «Non sta a me dare giudizi, ma ho sempre sostenuto che la legge elettorale andrebbe vista all'interno di un pacchetto complessivo di riforma di funzionamento del nostro Paese», spiega Schifani.
Del resto - ed è questa la linea anche del ministro Roberto Calderoli; autore dell'attuale "Porcellum" - «se si dovesse abolire il bicameralismo e passare al Senato federale, non vi è dubbio che occorre necessariamente approvare una legge diversa per Palazzo Madama rispetto a Montecitorio, Camera che dà la fiducia al premier». Proprio al Senato, in commissione Affari costituzionali, è già incardinata una discussione sulla legge elettorale; pertanto solo previo accordo sarebbe possibile passare il testimone alla Camera, dove tutti i partiti, ad esclusione di Lega e Pdl, hanno sollecitato la questione. «Mi sento quotidianamente con Finì», ha detto a questo proposito Schifani, escludendo però sia in programma un incontro a due per valutare a quale ramo del Parlamento affidare la questione.
Da "Annozero" il presidente della Camera dichiara: «Non credo che pensare a una riforma sia una provocazione ne un tentativo di minare una solida maggioranza, ma un elemento di discussione che intanto anche nella maggioranza, dovrebbero fare». Pdl e Lega, però, glissano. Intanto Calderoli fissa alcuni paletti: correzione del sistema di voto per il Senato, ma non prima che si sia varato il federalismo «entro marzo» - e completata la riforma della Costituzione. «Solo in questo quadro si può pensare a una riforma elettorale», avverte Pier Ferdinando Casini, leader Udc, prospetta un periodo di tempo piuttosto lungo: constatato con soddisfazione che esiste una maggioranza per cambiare il "Porcellum", spiega che «l'accordo c'è, ma non c'è fretta». «Abbiamo tre anni di tempo. Spero che Lega e Pdl vogliano concorrere alla riforma. Se poi c'è una accelerazione, tireremo fuori la legge dal cassetto». Walter Veltroni, convinto sostenitore del bipolarismo, definisce «una follia» andare a votare con questa legge. «Fa schifo anche a Casini e a Fini che l'hanno approvata». Ma a differenza dei centristi l'ex segretario democratico spinge sull'acceleratore: « Serve un governo di emergenza di pochi mesi per rifare la legge. Ai cittadini dovrà. essere consentito di scegliere il governo e i parlamentari, eletti e non più nominati, attraverso collegi uninominali e con primarie fissate per legge. Al segretario Bersani manda un messaggio chiaro alla vigilia dell'assemblea del imito che si apre oggi a Varese: «Il bipolarismo e il bambino da salvare».
Vale a dire, non si vagheggi un ritorno al proporzionale: l'Idv è disposto a discutere di tutto, tanto è indignato dal Porcellum. I finiani fanno fronte comune con l' opposizione, sottolineando che non c'è patto di maggioranza che tenga su questa materia. «Non faremo ribaltoni ma è certo che questa legge crea qualche problema. Se il governo dovesse andare in crisi e tutto passasse così nelle mani del Quirinale, il Parlamento si può porre il problema di un intervento», dichiara Pasquale Viespoli. A dimostrare che l'insoddisfazione è trasversale anche la nascita, ieri, della Lega per l'uninominale, un'associazione bipartisan che unisce tutti i nemici del proporzionale alla tedesca. A Roma si sono incontrati, tra gli altri, Mario Baldassarri (Fli), Antonio Martino (Pdl), Marco Pannella (Radicali), Pietro Ichino e Franca Chiaromonte (Pd).
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