
22/03/11
Corriere della Sera – ed. Roma
Due righe nel Milleproroghe valgono centinaia di migliaia di euro a carico dei cittadini. Il caso è quello di Massimo Varazzani, ex ad di «Cassa depositi e prestiti», manager vicino a Giulio Tremonti, dal 22 settembre commissario (il terzo) per il debito del Comune di Roma. Nel Milleproroghe, Varazzani ha visto lievitare il suo stipendio: «Da 100 mila euro lordi a oltre 600 mila», denunciano i Radicali.
Nel testo originario era previsto che «il compenso annuo del commissario è stabilito in misura non superiore all'80% del trattamento economico spettante a figure analoghe dell'amministrazione di Roma Capitale». Mentre nella versione definitiva il testo è cambiato: «Le parole - si legge nel documento - “all'80% del trattamento spettante a figure analoghe dell'amministrazione di Roma Capitale" sono sostituite dalle seguenti: al costo complessivo annuo del personale dell'amministrazione di Roma Capitale incaricato della gestione di analoghe funzioni transattive». Nel Milleproroghe si specifica anche che «le risorse destinabili per nuove assunzioni del Comune di Roma sono ridotte in misura pari all'importo della retribuzione del commissario».
Il segretario romano dei Radicali (ieri pomeriggio hanno protestato sotto il Campidoglio su questa vicenda: Alemanno ha promesso che chiederà lumi a Varazzani) Riccardo Magi ha chiesto informazioni alla Ragioneria del Comune di Roma: «Da risposte informali, Varazzani viaggerebbe ad oltre 600 mila euro l'anno». Ma chi li paga questi soldi? «La gestione commissariale si finanzia da sola, il suo stipendio non viene pagato dal Comune», fanno sapere dal Campidoglio. Funziona così: la gestione commissariale prende 500 milioni l'anno, 300 dal Tesoro e 200 dall'aumento dell'Irpef e della tassa aeroportuale. Da questa cifra, esce fuori il compenso per Varazzani che secondo il Comune «non supera i 400 mila euro lordi annui».
Ma è tutto il costo di funzionamento dell'ufficio del commissario straordinario ad essere aumentato, passando da 200 mila euro a 2,5 milioni. E su Varazzani ci sono anche altri problemi. Intanto il «Documento di accertamento del debito», che contiene l'aggiornamento di quello approvato dal sindaco-commissario Alemanno nel 2008, è stato approvato dal Parlamento con voto di fiducia, quindi «al buio». E Verazzani è anche presidente della Stt spa, partecipata del Comune di Parma: incarico che, in base alla «legge Frattini», non potrebbe ricoprire. E pure sulla nomina a commissario del debito di Roma si è aperto un contenzioso. Oriani, predecessore di Verazzani che aveva saputo della sua rimozione dai giornali, ha impugnato il decreto di nomina del 22 settembre e il Tar del Lazio ha accolto il ricorso, annullando il decreto per «eccesso di potere». La presidenza del consiglio (che il 4 gennaio ha «rinominato» Verazzani, usando come discrimine tra lui ed Oriani la precedente esperienza nel settore privato) si è appellata al Consiglio di Stato, chiedendo la sospensiva della sentenza del Tar, ma Palazzo Spada il 16 marzo ha respinto il ricorso condannando Palazzo Chigi a pagare le spese di giudizio (3 mila euro). Gli atti del supercommissario col superstipendio, adesso, potrebbero anche essere impugnati e ritenuti illegittimi.
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