
Dice il luogo comune che solo nei momenti di crisi gli italiani sanno dare il meglio. Se ne deduce che no, non siamo in crisi, visto che è il peggio quello che ciascuno continua a esibire. Berlusconi, da quando è sotto processo per storie di prostituzione, sciorina compulsivamente una serie di barzellette sconce, retrocedendo dal suo trend abituale (l'avanspettacolo) a un gradino sotto (coscritti in visita di leva). La Lega, alla quale il 17 marzo non ha insegnato nulla, presenta un progetto di legge sugli "eserciti regionali" che è la malacopia arrogante di precedenti sortite su ronde, "battaglioni padani" e affini. E un suo senatore, tale Stiffoni, recita a Radio 24 un rosario di banalità razziste che sta facendo il giro del web. L'opposizione, dalla quale si attende disperatamente un segno solenne e innovativo di unità, è una galassia destrutturata di alleanze impossibili e di progettini fantasiosi, con quattro "nuovi centri" (Fini, Rutelli, Casini, forse Montezemolo e avanti il prossimo) e una sinistra spaccata al suo interno come e più di prima, con leader nuovi e vecchi che antepongono la disistima reciproca e la lotta intestina a qualunque possibile bene comune.
E dunque, non c'è niente da preoccuparsi. Fossimo davvero in crisi, l'ignobile e il rissoso muterebbero in nobile e pensoso. Quando il premier riuscirà a partecipare a una riunione senza sghignazzare su culi e tette, vorrà dire che siamo entrati ufficialmente in crisi.
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