
Le polemiche sui "tempi lenti" del governo Monti fanno abbastanza ridere se rapportate alla sensazione di consolidata immobilità che, per anni, lo ha preceduto. Non è che veniamo da un fox trot. Veniamo da un fermo immagine durato quasi vent'anni, quello che va dal Berlusconi del '94 che scende in campo contro i comunisti al Berlusconi di tre giorni fa che scende in campo contro i comunisti. Veniamo da una palude fatta di irresolutezza, molte decisioni evitate, pochissime decisioni prese ma clamorosamente sbagliate (l'abolizione dell'Ici), e una nebbia luminescente che avvolgeva tutto e tutti e occultava la realtà della vita, del lavoro, del concreto farsi e disfarsi della nostra società. A pensarci meglio, le critiche sulla lentezza del nuovo governo, a dispetto delle intenzioni di chi le muove, sono la prova provata che abbiamo davvero e finalmente voltato pagina. Si è rimesso in moto l'orologio della realtà, e nella realtà una settimana è lunga, un mese è lunghissimo, un anno è l'eternità. Chiedere a Monti di fare in fretta equivale a dire che ci siamo svegliati da un lungo coma, e il tempo vale, il tempo pesa, il tempo è di nuovo il nostro.
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