
Bersani considera «uno stimolo» il referendum contro l'orrida legge Calderoli (chiamarla Porcellum è quasi un vezzeggiativo: legge Calderoli suona ben più grave). Ma non vuole coinvolgere il partito nella campagna: come segretario del Pd si riserva il ruolo specifico di proporre in Parlamento una nuova e migliore legge elettorale.
Non si capisce perché la seconda cosa impedisca ai democratici, c al loro segretario in primo luogo, di battersi anche perla prima. Il ricorso al referendum indica in modo forte e diretto il disgusto di buona parte del paese per un sistema elettorale che toglie potere ai cittadini; che quasi tutti i partiti giudicano pessimo; ma che la politica non pare in grado, da sola, di cancellare o di emendare, pur avendo avuto molto tempo a disposizione per farlo. E dunque, che cosa aspetta Bersani? Pochissimi mesi fa, nella travolgente campagna nata attorno al referendum sull'acqua pubblica, si era creata una saldatura vincente tra società civile e politica, tra movimenti e partiti. Tutto già finito e digerito, tutto alle spalle? Al punto che il capo del maggior partito della sinistra italiana esita a sposare una causa sacrosanta sostenendo che non vuole «mettere il cappello» del Pd sopra un'iniziativa della società civile? Ma non sembrerà ben più stonato e fuori posto, il «cappello» del Pd, quando arriverà all'ultimo minuto a sventolare su una piazza che ha già fatto, lei da sola, tutta la fatica?
© 2011 La Repubblica. Tutti i diritti riservati