
Le cinque stelle sono la grande novità, ma se i numeri contano qualcosa il vincitore delle amministrative è il Pd di Bersani. Parlarne bene è un esercizio talmente poco di moda che nessun commentatore, di destra di centro e soprattutto di sinistra, si azzarda mai a farlo. Ma è un dato di fatto che tra astensione dilagante, voto di protesta montante, semi-cancellazione di interi partiti (vedi il Pdl), il Pd è il solo partito tradizionale che mantiene il suo campo, e giganteggia al cospetto delle catastrofi altrui. Qualche merito lo avrà, dunque, questo partito per il quale nessuno spende mezza parola di elogio o di affetto (neanche i suoi elettori), con una linea politica vaga, un leader poco carismatico, un paio di scandali decisamente pesanti in casa (Lusi, Penati), un' immagine esterna tanto sfocata da irritare. Magari quel "radicamento nel territorio" che nei commenti degli ultimi vent'anni è stato considerato brevetto esclusivo della Lega ha qualcosa a che fare anche con il Pd. Magari ebbe ragione Bersani quando pochi anni fa, in un dibattito tivù, in uno dei suoi non frequenti scatti di orgoglio, disse a un giornalista di destra che diceva "popolo" e "gente" ogni tre secondi: "guardi che il popolo ce l' abbiamo anche noi".
© 2012 La Repubblica. Tutti i diritti riservati