
Continua a fervere nella carta stampata il dibattito sui cattolici in politica dopo il convegno di Todi. Logico andare a vedere che si dice anche ai vertici delle gerarchie vaticane.
Le malefatte bunga-bunghiste del Cavaliere hanno certo imposto un riposizionamento ma per il resto non ci sono novità. Basta leggere quello che ha detto ieri monsignor Bertone, parlando dell'Europa: «Un certo pluralismo non vuole permettere la distinzione fra il bene e il male. Accanto a una sana laicità è presente un laicismo intollerante». Ora, naturalmente il cardinale deve essere libero di dire tutto quel che crede, ma questa storia della laicità che può essere sana solo se piace alla chiesa, è un po' come se alla vigilia del derby la formazione della Roma la volesse fare Reja. Forse non è un paragone troppo rozzo se si pensa al concetto del pluralismo premesso dal monsignore, che stigmatizza quel «certo» - insano? - pluralismo che non distingue «fra bene e male». In parole povere al cardinale, che è notoriamente un appassionato di calcio, sta bene pure il pluralismo, a patto che la sua squadra indossi la maglia del bene e tutte le altre quella del male. La pretesa pare eccessiva, oltre che illogica. E poi in partite del genere le invasioni di campo diventano inevitabili.
Molto meglio il nuovo e cattolico ministro della Salute Balduzzi che assicura la neutralità del governo sui temi etici, demandati all'iniziativa del Parlamento. Un insano relativista?
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