
28/10/09
Corriere della Sera
Se non ricucito, lo strappo fra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti è rattoppato: sebbene faccia un po’ sorridere l’idea che sia stato il capo della Lega, Umberto Bossi, il paciere fra il premier ed il ministro dell’Economia del Popolo della Libertà. L’addio di Francesco Rutelli al Pd, invece, è stato adombrato ma non si è ancora consumato. Per ora, l’evocazione di un «tragitto diverso» ufficializza un disagio personale, quasi da apolide politico. Ma se il progetto rutelliano è una strategia neocentrista che si prepara a gestire il dopo Berlusconi, l’epilogo del braccio di ferro nel governo induce alla prudenza. Si tratta di manovre di posizionamento in vista di un «dopo» che può rivelarsi un miraggio.
Nessuno, infatti, è in grado di conoscere né i contorni, né i tempi, né le probabilità di successo di una maggioranza diversa. L’unica soglia visibile per un bilancio sono le elezioni regionali della primavera prossima. E infatti è a dopo quella data che Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, rinvia una possibile alleanza con Rutelli in nome del neocentrismo. Per il momento, lo spazio mitico dell’«elettorato moderato» sembra affollato più da ambizioni personali che da voti in libertà. E se e quando il blocco sociale berlusconiano si sfalderà, nessuno ha la garanzia di ereditarlo. Il modo in cui si sta concludendo lo scontro fra Tremonti e il cosiddetto «partito della spesa» è istruttivo.
Segnala l’impotenza dei due schieramenti che si sono fronteggiati nel centrodestra. E fotografa alla perfezione le tensioni e i paradossi di un contrasto che si è consumato e risolto interamente nella maggioranza; e l’impossibilità per il Pdl di uscirne senza un compromesso. È la conferma di un governo obbligato ad andare avanti; del ruolo centrale ricoperto da una Lega contestata dagli alleati ma insostituibile; e della difficoltà crescente del presidente del Consiglio a tenere insieme spinte e interessi economici che assediano il suo governo. È chiaro che la guida del comitato per la politica economica assegnata a Tremonti non risolve tutti i problemi.
Permette però al ministro di uscire quasi indenne dal vicolo cieco nel quale era stato infilato dalle polemiche con gran parte del Pdl; e a Palazzo Chigi di proclamare con sollievo che «l’equivoco è chiarito». Grazie alla mediazione di Bossi si è ricomposta una frattura anche psicologica. La miscela di rapporti personali tesi e divergenze politiche rischiava di rendere destabilizzante un contrasto cresciuto per mesi nei Consigli dei ministri; e tenuto sotto controllo nella speranza che si esaurisse da solo. La competizione elettorale fra Pdl e Lega in vista del voto di primavera nelle regioni e la durezza della crisi hanno fatto saltare il tappo.
In qualche maniera, la situazione è tornata sotto controllo, anche se la tensione sembra destinata a rimanere sullo sfondo delle scelte economiche. Ma la lezione di questi giorni dovrebbe essere chiara: nel senso che nessuno può permettersi di sprecare tempo ed energie per guerre interne che non si possono vincere; e che paradossalmente, in caso di vittoria, farebbero perdere tutti.
© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati