
La forza dei grandi di esprimere il dubbio, la carica di umanità che si vorrebbe testimoniata in corsia ogni giorno. Umberto Veronesi, a Torino per Biennale Democrazia, firma in piazza la proposta di legge dei radicali per l’eutanasia legale e il testamento legale “Una scelta personale” ed è accolto dal pubblico del Teatro Carignano con il silenzio riservato agli ospiti di altissimo rango. Un’ora di intervento, chiuso con gli applausi, in cui traccia la storia del sistema sanitario nazionale, la sua evoluzione e i «tradimenti» dei suoi principi iniziali, racconta aneddoti sulle invadenze della politica. Per riportare l’equilibrio nella situazione italiana, in un contesto economico in cui le risorse scarseggiano, mentre la tecnologia applicata alla medicina richiede fondi ingenti, Veronesi ritiene che i ricchi possano partecipare alla spesa con cifre più alte: «Un miliardario può essere invitato a farsi un’assicurazione privata, mentre chi non lo è ha diritto a cure gratuite».
Poi le risposte alle domande sull’attualità proposte dal vicedirettore de La Stampa Luca Ubaldeschi: i conflitti sul metodo Stamina che stanno animando il dibattito scientifico, la decisione dell’India di opporsi alle multinazionali del farmaco. Sulle terapie di Vannoni, l’ex-ministro della salute invita alla cautela, ma sottolinea la necessità di comprendere le angosce e le richieste dei familiari dei pazienti: «Due aspetti - dice - una visione umana che ci impone comprensione e solidarietà con chi ha il diritto di cercare soluzioni, e una seconda strettamente scientifica». È vero però che terapie controverse fra cinque anni potrebbero dimostrarsi efficaci, aggiunge: «La medicina è in continua evoluzione ». Al termine dell’incontro precisa: «Non sono in grado di fare valutazioni sul metodo Stamina, non ho avuto modo di approfondire. Seguire con attenzione è un dovere, ma fare in modo che non ci siano speculazioni lo è altrettanto».
Sul caso India un commento secco: «Hanno fatto bene a stoppare l’avidità delle case farmaceutiche». Il diritto di chi fa ricerca e ha speso ingenti risorse per arrivare a brevettare un farmaco efficace è sacrosanto «anche se sono sempre stato contrario ai brevetti, convinto che dal giorno successivo ad una scoperta i risultati debbano diventare patrimonio di tutti, penso che ci si debba rassegnare, per quanto a malincuore». La soluzione potrebbe essere un’industria farmaceutica finanziata con le risorse pubbliche dei governi. L’appello finale è perché la diseguaglianza nell’accesso alle terapie d’avanguardia sia azzerata: «Oggi i ricchi della terra possono guarire, mentre i poveri muoiono».
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