
Alla Farnesina c’è chi ha brindato per l’arrivo di Emma Bonino. E chi continua a mugugnare. La gestione del ministero degli esteri da parte di uno di loro, l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, si è conclusa il 26 marzo scorso, con le sue clamorose dimissioni annunciate in aula, a Montecitorio, in dissenso con il presidente Monti sul rientro dei due marò italiani in India. Sedici mesi è durato il potere di Terzi, sufficienti per far illudere molti, nelle 1320 stanze del palazzone bianco tra il Foro italico e lo stadio Olimpico, che finalmente, al vertice, c’era qualcuno che capiva i loro problemi e li avrebbe tutelati in una fase critica per le caste privilegiate della pubblica amministrazione. Non per tutti valeva questo ragionamento. Per diversi diplomatici di lungo corso era evidente e dolente l’inadeguatezza del loro collega spesso peraltro spiazzato dall’autorevole ministro Andrea Riccardi, il leader di Sant’Egidio, più vicino a Mario Monti e spesso ascoltato più del capo della diplomazia su dossier delicati, come quello israelopalestinese (Terzi era contrario allo status di osservatore conferito alla Palestina dall’assemblea dell’Onu, anche con il voto favorevole dell’Italia).
Per rimpiazzarlo, in molti, al Mae, speravano in Massimo D’Alema, che dopo i suoi due anni agli Esteri, dal 2006 al 2008, aveva lasciato un buon ricordo, sapendo combinare una buona gestione politica del suo ruolo con una sapiente delega ai ras della Farnesina delle loro questioni interne. Ma ecco Emma Bonino, ben nota ai diplomatici italiani per il suo lungo impegno su diversi fronti della politica internazionale e per essere stata commissaria europea per gli aiuti umanitari e per la tutela dei consumatori, occupandosi tra l’altro della vicenda balcanica, e poi, tra il 2006 e il 2008, come ministro del commercio estero e delle politiche europee, nel governo Prodi. Il suo dinamismo farà ballare gli indolenti e gli abitudinari e darà la carica ai più giovani e più motivati del corpo diplomatico (l’età media dei dipendenti del Mae è di cinquant’anni). Alcuni diplomatici che hanno avuto a che fare con lei, ne ricordano il temperamento tosto e i modi talvolta sbrigativi e saccenti; altri ne sottolineano le doti, abbastanza rare in un politico italiano, di persona di mondo, capace di dialogare con cognizione di causa con interlocutori stranieri d’ogni tipo.
Una sgobbona che, per molti versi, somiglia a Hillary Clinton. Quando la segretario di stato ha lasciato il posto a John Kerry, il suo addio è stato un momento altamente emotivo per il personale dello State. Saprà anche Emma “connettersi” altrettanto bene con i suoi diplomatici? Intanto, com’era da aspettarsi, ha cominciato a girare il mondo e a intrecciare incontri. È stata a Londra e ha incontrato il suo omologo, William Hague. Oggi parlerà con John Kerry, proveniente da Mosca, dove ha incontrato Vladimir Putin per discutere della situazione siriana. Che sarà al centro della sua missione a Roma, occupata però soprattutto da quella israelo-palestinese. Qui incontrerà, oltre a Enrico Letta e, appunto, Bonino, il ministro israeliano della giustizia Tzipi Livni, che da Netanyahu ha avuto la delega del processo di pace con i palestinesi. Kerry vedrà anche il ministro degli esteri giordano Nasser Judeh. Da Roma dunque potrebbe ripartire il processo negoziale in Medio Oriente, che si è arenato nel 2010, per via degli insediamenti sorti come funghi negli ultimi anni nei territori destinati alla creazione dello stato palestinese. Se il tentativo di Kerry segnerà qualche risultato - già intanto ha ottenuto da Netanyahu il congelamento di nuove colonie - Roma sarà lo snodo del rilancio del processo di pace. E questo sarà un primo, importante successo politico di un governo tornato pienamente politico, anche nella sua essenziale componente diplomatica e internazionale.
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