
Sorride, Sir Martin Sorrell, quando gli si chiede se Matteo Renzi possa essere il "Blair italiano". «So di lui, ma non lo conosco. Certo, potrebbe esserlo. Dipenderà dalle decisioni che prenderà. Blair spostò al centro un partito che era percepito di sinistra e legato ai sindacati. Se Renzi farà lo stesso, perché è al centro che si vincono le elezioni, la risposta potrà essere sì». Martin Sorrell è uno dei manager più ricchi del mondo. È il ceo di Wpp, il gigante della pubblicità che ha fondato nel 1985 e che ora ha 170 mila dipendenti, è presente in 110 Paesi con oltre 10 miliardi di sterline di ricavato. Un colosso che ha curato le campagne elettorali di Barack Obama e David Cameron e che ha fatto capolino anche in Italia suggerendo all’ex premier Mario Monti quel "salgo in politica" che fu lo slogan della lista del Professore. Oggi Sorrell presiederà l’Ibac Italy, una riunione con i rappresentanti delle più grandi multinazionali con l’obiettivo di attrarre gli investimenti esteri nel nostro Paese. Si terrà alla Famesina e ci saranno anche il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il ministro degliEsteri, Emma Bonino.
Sir Sorrell, il suo è un punto di osservazione del tutto privilegiato: ci sono segnali di ripresa in Italia? Stiamo uscendo dalla crisi?
«Penso che l’Italia abbia toccato il fondo. Ma la crescita sarà tiepida. Vorrei comunque ricordare che le aziende del nord Italia stanno andando bene e che esportano come quelle tedesche».
Lei, dunque, ritiene che sia un buon momento per investire in Italia?
«Sì. Ma il problema è quel che pensa la gente dell’Italia».
Cosa intende dire?
«Che l’immagine dell’Italia non ha perso terreno nei Paesi delle economie sviluppate. In questi Paesi, dagli Stati Uniti al Canada, alla Germania, il brand Italia è rimasto stabile. Il punto è che si deve puntare sulle economie in rapida crescita. È qui l’Italia è carente, mentre dovrebbe aggredire i mercati asiatici e quelli medio orientali come sta facendo la Germania».
Nei prossimi dieci anni ci sarà più di un miliardo di nuovi consumatori. Sostanzialmente il ceto medio dei Paesi emergenti. Pensa che possa essere un’opportunità per le industrie del "made in Italy"?
«Assolutamente sì. E in quei Paesi che deve crescere l’ immagine italiana. Il progetto "Destinazione Italia" si muove nella giusta direzione. L’Italia ha una forte base manifatturiera, ha una storia culturale, un ampio patrimonio artistico, ha una forte tradizione nella ricerca scientifica, ha dei settori in cui eccelle come la moda, il cibo, l’automotive con la Fiat».
Ma allora qual è il problema italiano? La politica?
«Il problema è la leadership. Ci vuole coraggio nel prendere decisioni impopolari nel breve periodo che però portano a risultati positivi nel medio e lungo periodo. Oggi David Cameron perderebbe le elezioni per colpa delle politiche di austerity, ma nel 2015, quando ci sarà il voto, l’economia britannica risentirà in modo positivo di quelle scelte e allora sarà diverso. Ecco, all’Italia serve stabilità e leadership politica».
A proposito di leadership: lei cosa pensa di Sergio Marchionne, il ceo di Fiat Chrysler?
«Penso che sia straordinario». In Italia non tutti la pensano come lei. «Certo Marchionne non vincerebbe un concorso di popolarità. Esattamente per le ragioni che ho detto poco fa a proposito delle leadership. Marchionne ha fatto scelte impopolari ma i risultati sono stati eccezionali».
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