
«Questa storia è drammatica, dolorosa e soprattutto complessa dal punto di vista umano e legale: i gemelli hanno in teoria quattro genitori: due biologici e i due che li cresceranno. Pur non avendo con loro alcun rapporto genetico e non avendo scelto l’eterologa come molti hanno fatto in questi anni all’estero». Lorenzo D’Avack, avvocato, è vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica.
Chi è per legge la madre?
«Su questo non ci sono dubbi: per la legge italiana è madre la donna che partorisce».
E se i genitori biologici volessero i bambini?
«Anche se la signora incinta fosse d’accordo, e mi pare che non lo sia, non c’è nulla da fare: i piccoli non sono dei pacchi postali che si possono scambiare così. Ricorsi legali o altro sono inutili per riavere i gemelli».
E se la signora incinta non valesse riconoscerli?
«Non può assolutamente farlo. Se resti incinta naturalmente puoi chiedere di non essere nominata e abbandonare il bambino, ma se fai la fecondazione assistita la legge 40 ti impegna e obbliga a riconoscerlo».
Ma geneticamente non sono suoi.
«Lo so, questo accade anche nell’eterologa, eppure il principio della gestazione resta sempre valido, infatti viene considerata madre colei che partorisce, non la donna che ha donato l’ovulo».
I bambini frutto di un errore
«Le due coppie possono far ricorso contro l’ospedale ma ai fini di chi è il genitore, non cambia nulla. Anzi, in questo caso per assurdo la signora incinta è persino fuori legge».
La signora viola la legge?
«Sì perché portando in grembo gli embrioni di un’altra coppia si configura la maternità surrogata, severamente vietata dalla legge italiana a pagamento ma anche a titolo gratuito».
Come se ne esce?
«Con molto dolore da tutte le parti. Trovare una soluzione è difficile. Io una cosa però vorrei dirla: il divieto per chi fa la fecondazione assistita di non riconoscere il bambino secondo me è incostituzionale. Crea una differenza di diritto solo in base al modo in cui un bambino viene concepito. E se non ci fosse il divieto, ora quella sarebbe la chiave di volta».
Quale sarebbe la soluzione?
«La gestante una volta partorito chiede di non essere nominata, il marito dell’altra coppia riconosce il bambino che poi adotterà con la moglie».
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