
Emma Bonino, era inevitabile armare i peshmerga curdi?
«Mi preoccupa di più che tutto il dibattito pubblico sia fossilizzato su armi sì, armi no. Probabilmente non c’era alternativa, quando c’è un incendio... Il punto è che quando la casa brucia bisogna intervenire, ma stando attenti alle case vicine. Chiedendosi perché scoppiano così tanti incendi, se sono legati l’uno all’altro, o se non siano invece epifenomeni di un tragico, complesso, contraddittorio filo conduttore che è la lotta senza quartiere nel mondo musulmano. E magari con dei piromani di volta in volta nostri alleati. Vedo in giro troppo compiacimento, sarebbe meglio farsi qualche domanda politica».
Per esempio evitare di armare gli amici di oggi che, come la storia di quella zona del mondo insegna dall’Afghanistan all’Iraq, possono trasformarsi nei nemici di domani?
«Basterebbe chiedersi quali possano essere gli effetti collaterali a breve. Armiamo i peshmerga e fermiamo l’Isis, bene. Ma crediamo davvero che dopo sarà possibile un Iraq unitario, tollerante? Sicuri che non ci sarà un effetto-domino? Qualcuno sta parlando con i turchi? Mai come in questo momento uno Stato curdo è stato così vicino, e questo riguarda da vicino l’Iraq ma anche la Turchia... Il leader curdo Barzani ha appena detto che si farà un referendum su dove vuole stare il popolo curdo... immaginiamoci un po’. È arrivato appunto il momento della politica, perché finché ci rifiutiamo di leggere quello che sta accadendo nel mondo a Sud saremo sempre presi in contropiede. Com’è che abbiamo scoperto l’Isis, con la caduta di Mosul? Eppure l’Isis una storia ce l’ha, era già all’opera in Siria. Ci sorprenderemo altrettanto se tra un po’ lo ritroveremo anche in Yemen?»
Ecco, la Siria. Le chiedevo se fosse giusto armare i curdi perché nel 2013, quando la stessa richiesta venne dai ribelli siriani, lei era Ministro degli Esteri e alla riunione delle diplomazie si batté perché questo non accadesse. Se pensiamo a quel che scrive nelle sue memorie Hillary Clinton...
«Ho letto con attenzione il libro di Hillary Clinton e quella presa di posizione si riferisce al dibattito del 2012 in cui lei, con alcuni altri, spingeva per armare la parte - tra virgolette - moderata e Obama sostanzialmente si oppose. Io non ho dettagli sul 2011 e sul 2012, e può darsi che Clinton avesse ragione, ma quello che so per certo è che nel maggio-giugno 2013, all’epoca tra l’altro in cui in Siria vengono allo scoperto i tagliagole, era ormai chiarissimo, evidente e noto che i cosiddetti moderati e laici tra i ribelli siriani erano stati tutti epurati. Anche il Sirian Free Army era infiltrato da Al Nousra e dall’Isis. E dunque proprio non era il caso di fornire loro armi».
E invece in questo caso c’è minor consapevolezza delle conseguenze sullo scacchiere geopolitico?
«Siamo all’ennesimo incendio, Bernard-Henry Levy l’ha detto bene: gli assassini dei cristiani, i persecutori delle minoranze e anche dei musulmani ritenuti traditori è storia vecchia. E davanti a tutto questo l’Europa come al solito va in ordine sparso. Anche per gli aiuti. Chi manderà vecchi arnesi, chi armi non letali, chi sofisticate, chi sostegni umanitari, e continueranno ovviamente le visite dei vari ministri europei. Ovviamente sognando che alla fme di questa prevedibile emergenza l’Iraq rinascerà come stato unitario inclusivo e tollerante. Ne siamo sicuri?».
Ovviamente no, anche se le armi ai curdi l’Italia le consegna con il via libera formale di Baghdad, rassicurata anche dalla visita-lampo del premier Renzi.
«Come a maggio del 2013, l’Europa ha deciso di andare in ordine sparso. Noi italiani mandiamo i pezzi di ricambio delle armi russe, i francesi l’han fatto prima di tutti e prim’ancora di qualunque riunione Fabius stava già lì promettendo armi ultrasofisticate, che peraltro l’Isis ha già, perché le aveva prese all’esercito iracheno quando si è sfaldato. E chi ha dato le armi sofisticate all’esercito iracheno? Gli americani, ovviamente, nel dopoguerra di Bush. Tutto sfalsato. Qualche domanda scomoda è bene che cominciamo a farcela. Per esempio, abbiamo deciso che Nazioni Unite e Consiglio di sicurezza sono temporaneamente sciolti? Non sarebbe stato utile vedere se qualcuno avesse dubbio veti da porre? E il silenzio sostanziale del mondo musulmano e arabo in particolare? Ci dicono niente queste strane, nuove e forse temporanee alleanze che nascono, come quella tra Israele, Egitto ed Arabia Saudita? Io insisto: non serve un genio per capire dove sono i problemi dell’Europa, dobbiamo gettare le basi per una diversa politica mediterranea, servono strumenti più adeguati per una politica almeno a medio termine. E bisognerà ricominciare daccapo, perché qualche domanda scomoda all’Arabia Saudita e al Qatar la si deve porre, anche mettendo in discussione le alleanze tradizionali. Lo spazio e la forza dell’Ue dovrebbe essere proprio questo. Magari ci vorranno anche altri quattro anni, ma alla fine si renderanno conto che un commissario al Mediterraneo è vitale. Sennò, resta tutto come sempre. Resta che l’Europa è una cornice, e manca il quadro».
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