
02/08/10
la Repubblica
Ministro Bondi, dopo la rottura con Fini alla Camera non raggiungete i 316 voti necessari per avere la maggioranza. Come pensate di evitare le elezioni? «Non mi pare che il nuovo gruppo parlamentare che fa riferimento a Fini voglia far mancare il proprio sostegno al governo. Anzi, tutte le dichiarazioni di queste ore fanno capire che l'intenzione della maggioranza dei parlamentari che pure hanno voluto offrire una lealtà personale a Fini sia quella di mantenere fede al patto con gli elettori e di conseguenza al dovere di contribuire alla realizzazione del programma di governo».
Appunto, i finiani garantiscono i voti solo sui provvedimenti contemplati dal programma. E per gli altri? La sfiducia a Caliendo sarà il primo banco di prova... «Dipenderà da loro e soprattutto da Fini, che ne è il leader seppure svolga anche il ruolo istituzionale di presidente della Camera. È una incompatibilità, quest'ultima, che emergerà inevitabilmente. Solo perché viviamo in un Paese nel quale la faziosità è imperante e l'obiettività scomparsa e la sinistra non denuncia questa anomalia. Una anomalia che, ad esempio, ha portato Bertinotti alla sparizione politica del proprio partito».
Fini si deve dimettere? «Rispetto a Bertinotti il caso di Fini è ancora più grave perché ha spaccato il Pdl dopo quasi un anno di polemiche e di esternazioni politiche contro il governo, il partito, il premier e facendo tutto ciò dal suo scranno di presidente della Camera. Ora si appresta a presiedere il Parlamento e nello stesso tempo a guidare il nuovo gruppo che ha formato e di cui è ispiratore e guida politica. Con il tempo anche Fini non potrà non prendere atto dell'impossibilità e dell'inopportunità di svolgere due ruoli simili».
Cercate il sostegno di parlamentari fuori dalla maggioranza? «Non abbiamo mai rinunciato a tessere un dialogo politico con quei partiti e parlamentari di centro che hanno più di una ragione per dialogare con noi, sia pure da una posizione di autonomia. Il solo fatto di appartenere insieme al Ppe ci avvicina all'Udc su molte questioni ideali e programmatiche. Del resto l'atteggiamento parlamentare dell'Udc è coerente con i propri programmi, pur mantenendosi all'opposizione del governo. Così come il voto favorevole del partito di Rutelli alla riforma universitaria dimostra che c'è una parte dell'opposizione che conduce un'opposizione costruttiva sui contenuti. Non possiamo non tener conto di questa novità politica».
Con i numeri risicati che avete come fate ad escludere l'ipotesi di un governo tecnico? «Perché in Parlamento non esistono le condizioni politiche e numeriche, soprattutto al Senato, per governi tecnici che sono poi semplicemente il sovvertimento dei pronunciamento democratico degli elettori».
Bossi dice: contro i ribaltoni ci sono 20 milioni di padani pronti a battersi. Concorda? «È una metafora per dire che si tratterebbe appunto di un vero e proprio attentato contro le regole fondamentali della democrazia e la libera volontà degli elettori. Sarebbe bene non agitare neppure questa minaccia di un governo tecnico che, come ho detto, non può esistere né politicamente né numericamente. Perché spaventano così tanto le elezioni? Perché si teme così tanto la volontà degli elettori?».
Tornando appunto alle elezioni, nel caso siano inevitabili vi ritenete pronti ad affrontarle con a fianco solo la Lega? «L'alleanza con la Lega è indistruttibile perché solidi sono i rapporti fra Bossi e Berlusconi e perché nasce sulla base di un programma concordato di cambiamento. L'unica possibilità di modernizzare l'Italia si fonda sull'alleanza di governo fra il Pdl e la Lega. Sono sempre più convinto di questo».
Cosa farete su intercettazioni, processo breve e lodo Alfano? «Non lo so. So solo che bisogna riconoscere al ministro Alfano di avere operato con grande senso di responsabilità e sapienza politica mentre altri ne hanno fatto una questione da strumentalizzare contro il governo».
Cosa accadrebbe se andaste sotto in un voto parlamentare per il mancato appoggio dei finiani? «Se ne assumerebbero la responsabilità di fronte al Paese e di fronte agli elettori. Io sono convinto però chela maggioranza dei parlamentari che hanno aderito al nuovo gruppo resterà fedele al programma di governo e al premier scelto dagli elettori».
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