
19/12/11
Il Mattino
«Le misure indicate dal ministro della Giustizia Paola Severino vanno nella giusta direzione». Anche se per Rita Bernardini, deputata radicale della commissione Giustizia della Camera, presidente dell'associazione «Certi Diritti», il prossimo passo deve essere «l'amnistia». Del resto, afferma Bernardini, «l'amnistia c'è già, ma noi facciamo finta di non vederla». E spiega: «Su 5milioni e 200mila procedimenti penali pendenti, infatti, ogni anno circa 183mila procedimenti cadono in prescrizione. E non è neanche previsto un risarcimento per la vittima che, invece, potrebbe essere stabilito in un provvedimento».
Il piano svuota-carceri, a suo avviso, non è allora un'amnistia mascherata come hanno sottolineato i leghisti...
«Assolutamente no. L'amnistia è un'altra cosa. Ma lasciamo perdere i leghisti che non si preoccupano delle violazioni che sono quotidianamente in atto nelle carceri italiane. Un solo esempio: i detenuti di San Vittore, tranne le due ore di aria al giorno, sono costretti a vivere in scarsi due metri quadrati a testa e in condizioni igieniche drammatiche. Per non parlare del 30 per cento dei detenuti tossicodipendenti o del 20 per cento dei casi psichiatrici che dovrebbero essere ricoverati e curati piuttosto che essere chiusi in una cella superaffollata. Siamo di continuo condannati dall'Europa per le nostre carceri, siamo un Paese fuorilegge».
«Assolutamente no. L'amnistia è un'altra cosa. Ma lasciamo perdere i leghisti che non si preoccupano delle violazioni che sono quotidianamente in atto nelle carceri italiane. Un solo esempio: i detenuti di San Vittore, tranne le due ore di aria al giorno, sono costretti a vivere in scarsi due metri quadrati a testa e in condizioni igieniche drammatiche. Per non parlare del 30 per cento dei detenuti tossicodipendenti o del 20 per cento dei casi psichiatrici che dovrebbero essere ricoverati e curati piuttosto che essere chiusi in una cella superaffollata. Siamo di continuo condannati dall'Europa per le nostre carceri, siamo un Paese fuorilegge».
Come giudica il provvedimento del ministro Severino?
«Ho molto apprezzato, innanzitutto, il fatto che il ministro abbia sceltolo strumento del decreto legge in quanto ha così dimostrato di riconoscere la necessità e l'urgenza di intervenire immediatamente sull'emergenza-carceri. Se così non fosse avrebbe infatti optato per lo strumento del disegno di legge come fece, all'epoca, Alfano».
«Ho molto apprezzato, innanzitutto, il fatto che il ministro abbia sceltolo strumento del decreto legge in quanto ha così dimostrato di riconoscere la necessità e l'urgenza di intervenire immediatamente sull'emergenza-carceri. Se così non fosse avrebbe infatti optato per lo strumento del disegno di legge come fece, all'epoca, Alfano».
E nel merito?
«Il ministro ha saputo ben individuare alcuni problemi. A iniziare dall'istituto di messa alla prova o dal fatto che il magistrato possa scegliere, in alcuni casi, la condanna agli arresti domiciliari».
«Il ministro ha saputo ben individuare alcuni problemi. A iniziare dall'istituto di messa alla prova o dal fatto che il magistrato possa scegliere, in alcuni casi, la condanna agli arresti domiciliari».
Ma la permanenza degli arrestati non in carcere ma nelle camere di sicurezza ha sollevato critiche anche da parte delle forze di polizia per l'inadeguatezza delle strutture...
«Il principio è giusto, poi la realizzabilità richiede i suoi tempi. Anche su questo tema, a mio avviso, il ministro ha saputo cogliere due punti delicati e importanti. Il primo: prevedere che sia consentito - in quanto attualmente non lo è - l'accesso nelle camere di sicurezza anche del sindacato ispettivo dei parlamentari, una garanzia necessaria dopo casi come Cucchi. Il secondo punto è proprio quello di prevedere di attrezzarle. Ma lo sa quanti arrestati sono portati in carcere e poi dopo tre giorni sono scarcerati? Intanto, dal colloquio con io psicologo all'apertura della cartella clinica, dietro ognuno di loro c'è anche un lavoro immenso in carcere. Un lavoro inutile che sarebbe così risparmiato».
«Il principio è giusto, poi la realizzabilità richiede i suoi tempi. Anche su questo tema, a mio avviso, il ministro ha saputo cogliere due punti delicati e importanti. Il primo: prevedere che sia consentito - in quanto attualmente non lo è - l'accesso nelle camere di sicurezza anche del sindacato ispettivo dei parlamentari, una garanzia necessaria dopo casi come Cucchi. Il secondo punto è proprio quello di prevedere di attrezzarle. Ma lo sa quanti arrestati sono portati in carcere e poi dopo tre giorni sono scarcerati? Intanto, dal colloquio con io psicologo all'apertura della cartella clinica, dietro ognuno di loro c'è anche un lavoro immenso in carcere. Un lavoro inutile che sarebbe così risparmiato».
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