Articolo di P.P. pubblicato su Giorno/Resto/Nazione, il 02/12/10
«Ognuno di noi s’inchina con il massimo rispetto per il dolore e l’infinita tristezza che deve aver portato il regista Mario Monicelli a togliersi la vita. Attenzione però a non utilizzare questa morte e farne uno spot pro-eutanasia». Alla deputata centrista Paola Binetti (foto Ansa), cattolica e membro dell’Opusdei non va giù la netta presa di posizione dei radicali e di una parte del mondo culturale laico secondo cui, in sostanza, se fosse legale l’eutanasia Monicelli sarebbe morto in modo diverso.
Ci spieghi meglio, onorevole Binetti.
«Voglio dire che ‘approfittare’ di questa vicenda così tragica e triste per rivendicare disegni di legge sull’eutanasia per riaccendere i riflettori sulla cultura della morte, ha suscitato la mia profonda indignazione. Reagisco alla cultura radicale che sfida la cultura d’ispirazione cristiana».
I radicali sostengono che Monicelli si sia tolto la vita in quel modo così cruento perché non é stato aiutato a non soffrire.
«Non è vero. Sanno benissimo che la nostra legge consente terapie contro il dolore fino alla sedazione, una sorta di coma farmacologico. Dunque nessuno può avergli rifiutato un’assistenza di questo tipo».
Quindi secondo lei Monicelli non si è gettato dal balcone perché l’eutanasia non è legge?
«Credo più nella sofferenza del cuore, nel senso di solitudine infinita che può averlo colto e portato a prendere questa decisione estrema. Il suo non è stato un gesto di libertà, ma di solitudine e di smarrimento».
Anche Fazio e Saviano nella trasmissione ‘Vieni via con me’ hanno cavalcato le ragioni dell’eutanasia.
«Di fronte alla persona che soffre, la vera sfida non è quella di aiutarla a morire, ma non lasciarla sola. Smettiamola col credere che morire sia libertà perché qualcuno non ti of fre una mano. Dobbiamo trovare una diversa sfida alla vita, andando incontro a chi è solo e, soprattutto, anziano. Quello che non deve mai venire meno è il rispetto per l’essere umano».
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