
Presidente Violante, Roberto Maroni candida la Lega a regista delle riforme. C’è chi storce il naso.
«Mi pare normale che la Lega chieda l’iniziativa su questa materia. Umberto Bossi non è il ministro delle Riforme? Il resto son problemi interni alla maggioranza».
Ci si può fidare della Lega? Qualcuno potrebbe obiettare che un movimento fino a pochi anni fa secessionista non dà le migliori garanzie di una riforma costituzionale equilibrata.
«In politica nessuno si fida di nessuno ma tutti discutono con tutti, con le prudenze necessarie. Roberto Calderoli ha fatto un buon lavoro sul federalismo fiscale. E con il centrodestra il Pd ha riformato radicalmente l’intero sistema della finanza pubblica. Finora non esiste nessun loro progetto sulle riforme istituzionali e si leggono proposte contraddittorie e un po’ casuali: depositino un testo in Parlamento, e ne discuteremo».
Nel centrodestra si parla sempre più spesso di presidenzialismo.
«Presidenzialismo di per sé non vuol dire nulla. Francia, Stati Uniti e Austria hanno l’elezione diretta del capo dello Stato: sono tutti sistemi democratici, molto diversi tra loro, ma con tre comuni denominatori: parlamentari eletti e non cooptati, rigorose misure contro il conflitto di interessi, separazione dei poteri».
Per Maroni il Pd è «un interlocutore indispensabile».
«Dice la verità e lo ringrazio. Non ci rifiutiamo di discutere nessuna riforma ragionevole».
Maroni propone il semipresidenzialismo alla francese.
«Non siamo d’accordo, ma presentino i testi e poi ne discuteremo. Una nostra proposta è stata già presentata e si fonda su chiari principi: riduzione del numero dei parlamentari; Senato federale; fiducia data al solo premier e non all’intero governo; potere del premier di chiedere al capo dello Stato la nomina e la revoca dei ministri e lo scioglimento della Camera; potere del premier di chiedere e ottenere il voto a data fissa sui provvedimenti del governo. Manca la proposta del governo».
C’è il semipresidenzialismo di Maroni.
«Con il sistema francese si può andare incontro al rischio di appartenenze politiche contrapposte tra il capo dello Stato e la maggioranza parlamentare: non so come un sistema non pacificato come il nostro vivrebbe la coabitazione. E poi ci sono i denominatori di cui parlavo prima: legge elettorale, conflitto di interessi, separazione dei poteri».
Su Senato federale, riforma del titolo quinto e riduzione dei parlamentari, però, siete d’accordo.
«Propongo di partire subito da questi punti condivisi. Non si può aspettare la mitica "grande riforma". Sembra l’azione parallela ne "L’uomo senza qualità" di Musil. Tutti ne parlavano ma nessuno sapeva cosa fosse».
Quale legge elettorale propone?
«L’assoluta priorità è restituire agli italiani il diritto di scegliersi i rappresentanti. Se si farà con un doppio turno alla francese, con un sistema tedesco o con il Mattarellum, si deciderà poi>.
Maroni propone l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale. E ricorda che già a Torino il procuratore decide la gerarchia di priorità.
«Sono due cose diverse. Non concordo sulla discrezionalità dell’azione penale. Sulla conoscenza e controllabilità dei criteri di priorità sono invece d’accordo. In ogni caso si dovrebbero ridurre i tribunali da 156 a i io, quanti sono i capoluoghi di provincia; ben 88 non hanno un numero di magistrati sufficiente per funzionare».
Separazione della carriere?
«Mi preoccupano i 200 pm che si autogestiscono. E poi invece di una sola corporazione ne avremmo due».
Intercettazioni: Maroni nega che si vogliano ridurre drasticamente.
«Maroni fa bene il ministro dell’Interno. Ma questo provvedimento così com’è ora rende impossibile individuare le celle telefoniche vicino alle quali si è parlato nell’immediatezza di un delitto. Sarebbe un bonus alla grande criminalità che nessuno vuole, sono certo neanche Maroni».
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