
«E’ la classica coglionata afghana. Non mi vengono in mente altri termini. O forse è la classica manovra di tutti quelli che sostengono la propaganda di guerra. E’ un clichè piuttosto vecchio. Lo abbiamo già visto troppe volte».
Con chi ce l’ha, quando accusa che è tutta una manovra contro di voi di «chi sostiene la propaganda di guerra»? Faccia i nomi.
«All’operazione che ha portato all’arresto i nostri tre operatori umanitari ha partecipato attivamente anche l’Isaf. Oltre ai servizi segreti afghani a fare irruzione in ospedale c’erano i militari occidentali che occupano Kabul. Tutti hanno potuto vedere le divise dei soldati dell’Isaf. Era una manovra ovviamente
coordinata».
Il ministro Frattini ha detto che la notizia della confessione dei tre italiani «è tutta da verificare», ma «prega con tutto il cuore che non sia vera».
«Ognuno prega con quello che ritiene. Io posso rassicurare il ministro Frattini. I nostri tre volontari a Lashkar Gah non sono mai stati coinvolti in operazioni terroristiche. Posso metterci la mano sul fuoco. Li conosco da dieci anni. Erano lì in missione umanitaria. Erano lì per curare vite umane non per fare attentati».
Lei da due giorni sostiene che questa è una operazione contro di voi per far fuori Emergency in Afghanistan. Accusa Kabul, attacca le forze Isaf di cui fa parte anche il nostro Paese. Può dire una parola definitiva sul coinvolgimento dell’Italia, a tutti i livelli, in questa vicenda?
«Spero che non ci sia stato alcun coinvolgimento. Faccio mie le stesse parole del ministro Frattini. Spero con tutto il cuore che il governo italiano non ne sapesse niente».
Il senatore del Pdl Maurizio Gasparri dice che i contatti di Emergency in Afghanistan sono «opinabili». Cosa gli risponde?
«Non è il capogruppo del Pdl al Senato a parlare. Non è Gasparri. E’ il comico Neri Marcorè. Un parlamentare non può lanciare impunemente queste accuse ridicole».
Se la sente di mettere la mano sul fuoco anche per i locali che lavoravano per voi in ospedale?
«Non li conosco. Non posso escludere niente. Nemmeno che potessero essere al soldo della polizia di Karzai prima ancora di venire a lavorare da noi. Chi mi dice che non abbiano corrotto una guardia? Cosa ci vuole per far entrare in un ospedale qualche arma, un po’ di esplosivo, dei giubbotti antiproiettili. Dicono che i nostri medici avrebbero preso soldi per organizzare un attentato contro il governatore della regione. Un afghano per cinquanta dollari potrebbe ammazzare Karzai. Figuriamoci portare dentro un ospedale qualche arma...».
Ha saputo delle manifestazioni ostili ad Emergency, organizzate davanti al vostro ospedale?
«Che ci vuole a trovare cinquanta persone che manifestano contro Emergency? L’ottanta per cento dell’Afghanistan è in mano ai talebani. Sarebbe come dire che all’ospedale di Niguarda hanno visto qualche milanese. Noi curiamo tutti. Talebani e antitalebani. Non guardiamo in faccia nessuno. Per questo ce l’hanno con noi. Siamo i testimoni scomodi in un Paese occupato militarmente».
Emergency nel mirino sia dell’Isaf che degli afghani, pro o contro Karzai? Tutti contro di voi?
«Quello che è successo è una azione di guerra preventiva contro Emergency. E’ un messaggio chiaro rivolto a tutti noi. Vogliono che lasciamo il Paese. Vogliono che non testimoniamo più quello a cui assistiamo ogni giorno. In sei anni i Lashkar Gah sono state visitate sessantamila persone, diecimila sono state ricoverate, oltre undicimila sono state sottoposte a intervento chirurgico. Il quaranta per cento delle persone che curiamo in quell’ospedale sono bambini. Semplicemente non si vuole che Emergency testimoni che la guerra al terrorismo stia in realtà facendo molte vittime tra i civili inermi. L’arresto dei nostri tre operatori è solo l’ultima puntata di un copione già visto e stravisto più volte».
Perchè, c’erano state altre manovre contro di voi?
«Dopo le ultime operazioni di guerra Emergency aveva chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per consentire l’evacuazione dei feriti. Il cordone lo hanno fatto davvero. Attorno all’ospedale ci sono i militari. Anche se lo chiamano cordone sanitario stranamente non viene consentito ai feriti di entrare in ospedale. Noi abbiamo una colpa. Una colpa grave agli occhi di qualcuno. In guerra un ospedale è qualcosa di anomalo perché cerca di salvare vite umane invece di distruggerle».
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