
«Dobbiamo essere molto chiari e fermi nel ribadire che noi sosteniamo la tutela senza se e senza ma della libera informazione dei cubani e la salvaguardia dei loro diritti fondamentali. Se non lo facessimo noi europei, così come gli americani, creeremmo il classico esempio di doppio standard. Abbiamo spesso protestato, sospeso negoziati, rinviato accordi, con tantissimi Paesi, non si vede perché non dovremmo farlo con Cuba». Il ministro degli Esteri Franco Frattini non è meravigliato dal «linguaggio da Guerra Fredda» usato da Raul Castro. Non lo è dal fatto che l’auspicio spagnolo per una revisione della posizione europea verso Cuba si è di fatto bloccato. Così come non è sorpreso dalle tesi che vedono nei dissidenti cubani gente al soldo degli americani: ma assecondare queste tesi porterebbe a dire che «anche dietro i dissidenti iraniani ci sono potenze straniere che vogliono sovvertire il regime, cosa che del resto il presidente iraniano sostiene».
Cuba accusa l’Unione Europea e gli Stati Uniti di ingerenza e ricatti politici. Cosa risponde?
«Quello che la comunità internazionale cerca non è un’interferenza, ma è solo la richiesta che venga garantito il dissenso e la libertà di opinione. Nessuno vuole cambiare il regime»
La vicenda dei dissidenti divide. Secondo il governo cubano, tesi che si riscontra su molti blog internazionali, molti sarebbero in sostanza controllati da Washington.
«Io innanzitutto sono stupefatto del silenzio che anche in Italia c’è intorno alla vicenda dei dissidenti
cubani. Mentre quando si tratta di dissidenti cinesi o birmani, o di altri Paesi in giro per il mondo, ci sono interrogazioni, proteste, manifestazioni, in questo caso c’è soprattutto silenzio. Qui c’è un signore che si è lasciato morire di fame e di sete, un altro al quale potrebbe succedere la stessa cosa e Castro dice
che se la sta cercando. Se poi ci affidiamo alla sola informazione dei blog, dove si può anche trovare che l’Olocausto non è avvenuto, allora non andiamo da nessuna parte. Se si comincia a screditare la dissidenza non si sa dove si può finire».
La presidenza spagnola della Ue aveva previsto un incontro Europa-Cuba per rivedere i rapporti. Che ne è stato?
«La presidenza spagnola ha fatto quello che poteva. Hanno legami storici con l’isola, come del resto anche l’Italia. Ma non per questo possiamo rinunciare alla pretesa di veder rispettati i più elementari diritti umani, come quelli dell’opposizione e della manifestazione del libero pensiero. Io sono stato a favore di una revisione dei nostri rapporti con Cuba. All’inizio della presidenza di Raul ci sono stati diversi, segni di apertura ma adesso sembra che le porte si siano richiuse».
A quali condizioni si può riaprire un dialogo con la Ue?
«L’Europa non può fare sconti. Non daremo, in questo contesto, il nostro consenso a una normalizzazione dei rapporti. Io stesso ho votato a, favore di questi passi avanti ma non mi sembra che riceviamo qualcosa in cambio. Il Paese, il suo popolo, meriterebbe certamente l’apertura dei mercati e delle relazioni economiche: l’Italia aveva dei progetti di cooperazione importanti ed è pronta a ripartire immediatamente, ma ovviamente non di fronte a quanto accade. Intanto il governo cubano dovrebbe salvare la vita a questo dissidente, impedire che ci sia un altro caso Zapata. La seconda questione è strategica: i diritti politici basilari dell’opposizione devono essere garantiti. Nel momento in cui si apre un tavolo di negoziato commerciale con l’Europea almeno ci vorrebbero queste garanzie, come ad esempio su osservatori internazionali alle loro manifestazioni politiche».
Eppure l’embargo americano contro Cuba non ha funzionato. Non sarebbe ora, lo ha chiesto più volte l’Onu, di rivederlo.
«Ho sempre sentito questi ragionamenti: le sanzioni finiscono con il rafforzare i regimi, che a loro volta
si isolano ancora di più. C’è sempre chi le mette in discussione, ma quali leve abbiamo noi Paesi democratici, noi europei, gli Stati Uniti, se non quelle delle sanzioni? Non credo che si sarebbero potute immaginare misure diverse, così come non ho creduto a misure alternative per la Birmania o in questi giorni per l’Iran. Non si trovano idee alternative perché non ce ne sono».
Il mondo fa affari con la Cina, qual è la differenza?
«La Cina ha fatto enormi passi avanti da Tienanmen in poi ed è diventata un interlocutore politico internazionale di prima grandezza. Non è un doppio standard perché Pechino dà contributi positivi al mondo su moltissimi contesti».
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