
“La mia campagna più difficile”. Nel day after, Claudio Velardi ha un cerchio alla testa, «di solito vado a letto prima».
Com’è nato il feeling con la Polverini?
«In autunno, presentando un libro sulla crisi del Pd (uno dei tanti) dissi che per me Renata aveva le caratteristiche che servono alla sinistra: immediatezza, empatia. Poco prima dell’investitura ufficiale, fu
lei adirmi: voglio che tu mi segua, se sarò candidata».
Ed è come sembra?
«Sì, anche quando mi fa arrabbiare, o quando, come ieri notte, esplode. La prima volta che l’ho vista per lavoro, si stava facendo un caffè. La casta non è così. Lei invece spero lo resti anche ora che dovrà assumere un ruolo istituzionale. E’ una politica pop» .
Come avete costruito la vittoria?
«Disse Mitterrand che nelle campagne elettorali la gente vuol sentirsi raccontare delle storie: per noi spin doctor la prima regola è chiederci quale storia raccontare. Ione immaginavo una, ma è andata incontro più che mai a tagli, spezzature. La prima è stata la candidatura Bonino, il gap di popolarità con cui fare i conti. Ci stavamo riuscendo, puntavo su una campagna light: programma, ascolto, territori. Poi il trauma della lista ha imposto un altro cambio di passo».
Ma avete vinto lo stesso.
«Solo perché lei non si è mai fermata. Ha dovuto fare qualche concessione, come la piazza, ma ha continuato a girare come una trottola. Poi ci siamo detti che non bastava: serviva Berlusconi. Sono state ore micidiali, il partito paralizzato, noi 5-6 punti sotto».
E lì cosa è servito?
«La tenacia di Renata, credo dovuta alla sua storia, di una che viene dal popolo, orfana di padre, tirata
su dalla madre con mille sacrifici. Mai vista una persona così determinata, direi feroce».
Chi ha scelto il rosso?
«lo, noi. lo, ma lei era d’accordo».
Per occhieggiare alla sinistra?
«L’hanno detto altri, e noi ci siamo detti, va bene. Proprio perché Renata è una candidata trasversale, in grado di andare al di là della sua coalizione. Lo slogan "Con te" aveva proprio questo obiettivo».
E il fatto che fosse indigesta a parte della destra?
«Non ce ne siamo occupati: un profilo così, post-politico, va oltre gli ideologismi. Esiste un elettorato che cerca il "richiamo della foresta", ma ci rinuncia di fronte alla verità di una persona».
Avete mai litigato?
«Sulla Lazio... Ma no, io mi sono arrabbiato e basta. Col suo entourage, un po’ sulle coppie di fatto, avevano delle perplessità. Ma lei è una politica intelligente, in grado di lanciare messaggi per aprirsi nuovi mercati».
Quanto siete costati?
«Poco, 100mila euro: 5 persone, la consulenza, i sondaggi... «.
Gli altri dove hanno sbagliato?
«Sul territorio non li ho mai sentiti. Bonino poi ha fatto campagna per i radicali, è estranea al centrosinistra. Ma il limite vero è stato del Pd, che non avendo nessuno si è rifugiato nel suo nome».
Lei vota a Roma?
«Non voto dal 2005, perché mi hanno stufato. E comunque voterei a Stromboli, dove sarò tra pochi giorni».
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