
Macché Pannella: in quella primavera del 1992 il primo a fare il nome di Scalfaro per il Quirinale fu Carlo Casini, allora deputato dc oltre che presidente del Movimento per la vita: «Nella riunione dei gruppi parlamentari del partito per designare il nostro candidato al Colle - ricorda Casini, oggi euro deputato per l'Udc - uscirono i nomi di Forlani e Andreotti. Io però intervenni e proposi Oscar Luigi Scalfaro, la persona giusta visto che la Dc era sotto accusa per la corruzione della politica: serviva una persona al di sopra di ogni incertezza, e con Scalfaro non si sbagliava».
Lei era il leader nelle battaglie dei cattolici per la vita: Scalfaro le dava garanzie per poter essere un presidente sensibile sui temi che oggi definiamo "eticamente sensibili"?
Ne ero certo. S'era sempre mostrato convintissimo su tutte le nostre battaglie, dalla vita alla famiglia, esponendosi in prima persona in Parlamento: era uno dei pochi che prendeva coraggio e parlava con fermezza in aula, si batté anche per il referendum del 1981 contro la legge sull'aborto. Non era facile trovare nella Dc qualcuno che ci mettesse la faccia come faceva lui. Da ministro dell'Interno aveva manifestato attenzione per le iniziative del Movimento per la vita. Dunque, ero convinto che la sua presidenza sarebbe stata in linea con questo profilo. Ma dovetti in parte ricredermi.
Cosa accadde?
L'elezione alla presidenza della Repubblica cambiò le cose: con quel passaggio è iniziato quello che per me resta il "mistero" di Scalfaro. In tutta la sua presidenza non mi è riuscito di fargli compiere un gesto in favore della vita. Per esempio, pensavo che con lui sarei riuscito a ottenere quello che avevo tentato vanamente con i suoi predecessori, ovvero che nel discorso di Capodanno dicesse qualcosa sul diritto alla vita: contavo sul suo proverbiale coraggio, ma non ho mai ottenuto nulla. Fui anche ricevuto al Quirinale con il direttivo del Movimento per la vita, ma anche in quel caso non mi riuscì di avere una parola pubblica. Era come se sperimentasse una sorta di impaccio dovuto alla sua carica. Lo posso capire, e certo il mio affetto per lui non venne meno, ma non me l'aspettavo.
A settennato concluso cambiò qualcosa?
Purtroppo fu come se l'atteggiamento che aveva tenuto al Colle non potesse mutare malgrado la conclusione del mandato. Ne12005 alla vigilia del referendum sulla legge 40 chiesi un incontro a lui e ad Andreotti, che avevano pubblicamente dichiarato di voler votare no anziché astenersi sulla fecondazione artificiale. Andreotti mi ascoltò e concluse che avevo ragione, esprimendosi il giorno dopo per il non voto. Scalfaro mi ricevette, parlammo a lungo, mi parve che non avesse argomenti decisivi, ma alla fine del nostro colloquio mi chiese semplicemente di dire insieme un'Ave Maria. E non cambiò idea. La sua fede era certamente incrollabile, ma non riesco a capire come declinò infine il concetto di laicità.
Una visione da "cattolico adulto"?
No, Scalfaro non era tipo da dirsi "cattolico adulto": non aveva di sicuro quell'insofferenza verso il magistero che taluni associano a questa definizione. Credo piuttosto che lui concepisse i principi non negoziabili come una materia relativa alla fede personale, convinzioni di cui essere personalmente sicuri, ma che non devono entrare nella contesa politica. In anni di nuove battaglie sull'umano come quelli che stiamo attraversando questa sua visione della laicità, a mio avviso insufficiente, ci ha privati di una voce limpida e importante.
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