
15/04/10
Il manifesto
Alla fine la marcia indietro c’è stata. Anche Emergency lo riconosce: «Il governo sta cominciando a fare il minimo indispensabile». Dopo le dichiarazioni «a caldo» al momento dell’arresto del personale di Emergency, sabato scorso nell’ospedale di Lashkar Gah; dopo aver esitato nel prendere una posizione forte a favore di tre connazionali nei guai, dopo aver alluso alla possibilità di una collusione coi terroristi, il ministro Franco Frattini ha fatto quello che tutti si sarebbero aspettati da subito. Nell’audizione di ieri in parlamento ha spiegato che la diplomazia sì sta muovendo perché vi siano tutte le garanzie della difesa e manifestando «insoddisfazione» per le risposte afghane sui capi d’accusa. Un clima migliore dunque, che potrebbe anche preludere alla liberazione di uno degli arrestati (Matteo Pagani).
Latore di una sua lettera e di una missiva di Silvio Berlusconi a Karzai, l’inviato speciale della Farnesina Massimo lannucci consegnerà oggi a Kabul le richieste del governo italiano, anche se della lettera del premier si è saputo solo nel primo pomeriggio di ieri, dopo che persino la Lega, non certo ascrivibile ai simpatizzanti di Strada, aveva trasmesso la sua preoccupazione e la volontà di «riportarli a casa».
Del silenzio del premier si era anche accorta l’Italia dei Valori e la Tavola della pace che, in un comunicato di prima mattina, sollecitava Berlusconi a uscire da quello che l’Idv aveva bollato come un «assordante silenzio». Se Berlusconi abbia scritto la lettera ieri mattina vedendo la marea montante delle proteste non è dato sapere, anche se è bizzarro che si sia saputo lunedi del messaggio di un ministro, per quanto di serie A, ma non di quello del capo del governo. Del resto anche il Pd, nelle interpellanze di questi giorni, dimenticava di chiedere perché il premier non avesse proferito verbo trattandosi della pressione su capo di stato.
Tant’è. Nel giro di qualche ora la marcia indietro, forse con un occhio ai sondaggi e alla raccolta di firme per Emergency (quasi 300mila), il governo ha deciso di sposare la linea «umanitaria», di far accompagnare l’inviato Iannucci è dall’esperto giuridico del ministero, e di affidare il caso all’avvocato Nooristani, uno dei migliori di Kabul che, grazie al sostegno italiano, ha fondato in Afghanistan la prima associazione di avvocati. E’ l’uomo che difese un giornalista afghano condannato a morte (poi liberato da Karzai), che seguì e consigliò sulla vicenda Hanefi: sarebbe stato opportuno indicarlo sin da subito, visto che i detenuti sono nella mani della polizia segreta la quale, come ha spiegato Frattini, li può tenere a disposizione per 15 giorni (molti), lasciandone al magistrato altrettanti (pochi) per decidere
scarcerazione o rinvio a giudizio.
Non è un caso se Emma Bonino ha voluto puntualizzare, durante l’audizione, la preoccupazione per quanto detto proprio sotto il torchio dell’intelligence. Parole, ha detto, di cui non si dovrà tenere conto perché pronunciate fuori da ogni garanzia legale. Il ministro Frattini comunque non ha rinunciato a rintuzzare Strada, sostenendo che le sue polemiche non aiutano. Il campione della marcia indietro però è stato il ministro La Russa: «L’abbiamo detto fin dal primo momento: abbiamo il diritto e il dovere di pretendere che siano garantiti tutti i diritti processuali e, prima ancora, umani». Su La Stampa del 12 aprile aveva detto che gli arrestati non si potevano considerare innocenti in modo aprioristico così come non era possibile considerarli colpevoli. In spregio a qualche secolo di civiltà giuridica sulla presunzione d’innocenza.
Latore di una sua lettera e di una missiva di Silvio Berlusconi a Karzai, l’inviato speciale della Farnesina Massimo lannucci consegnerà oggi a Kabul le richieste del governo italiano, anche se della lettera del premier si è saputo solo nel primo pomeriggio di ieri, dopo che persino la Lega, non certo ascrivibile ai simpatizzanti di Strada, aveva trasmesso la sua preoccupazione e la volontà di «riportarli a casa».
Del silenzio del premier si era anche accorta l’Italia dei Valori e la Tavola della pace che, in un comunicato di prima mattina, sollecitava Berlusconi a uscire da quello che l’Idv aveva bollato come un «assordante silenzio». Se Berlusconi abbia scritto la lettera ieri mattina vedendo la marea montante delle proteste non è dato sapere, anche se è bizzarro che si sia saputo lunedi del messaggio di un ministro, per quanto di serie A, ma non di quello del capo del governo. Del resto anche il Pd, nelle interpellanze di questi giorni, dimenticava di chiedere perché il premier non avesse proferito verbo trattandosi della pressione su capo di stato.
Tant’è. Nel giro di qualche ora la marcia indietro, forse con un occhio ai sondaggi e alla raccolta di firme per Emergency (quasi 300mila), il governo ha deciso di sposare la linea «umanitaria», di far accompagnare l’inviato Iannucci è dall’esperto giuridico del ministero, e di affidare il caso all’avvocato Nooristani, uno dei migliori di Kabul che, grazie al sostegno italiano, ha fondato in Afghanistan la prima associazione di avvocati. E’ l’uomo che difese un giornalista afghano condannato a morte (poi liberato da Karzai), che seguì e consigliò sulla vicenda Hanefi: sarebbe stato opportuno indicarlo sin da subito, visto che i detenuti sono nella mani della polizia segreta la quale, come ha spiegato Frattini, li può tenere a disposizione per 15 giorni (molti), lasciandone al magistrato altrettanti (pochi) per decidere
scarcerazione o rinvio a giudizio.
Non è un caso se Emma Bonino ha voluto puntualizzare, durante l’audizione, la preoccupazione per quanto detto proprio sotto il torchio dell’intelligence. Parole, ha detto, di cui non si dovrà tenere conto perché pronunciate fuori da ogni garanzia legale. Il ministro Frattini comunque non ha rinunciato a rintuzzare Strada, sostenendo che le sue polemiche non aiutano. Il campione della marcia indietro però è stato il ministro La Russa: «L’abbiamo detto fin dal primo momento: abbiamo il diritto e il dovere di pretendere che siano garantiti tutti i diritti processuali e, prima ancora, umani». Su La Stampa del 12 aprile aveva detto che gli arrestati non si potevano considerare innocenti in modo aprioristico così come non era possibile considerarli colpevoli. In spregio a qualche secolo di civiltà giuridica sulla presunzione d’innocenza.
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