
«È impossibile che Milano non sia governata da noi, siamo gli unici moderati». Diffonde ottimismo, il premier Silvio Berlusconi, conversando con i vertici del Pdl lombardo e i sostenitori che lo vanno a salutare dopo il voto, nel tradizionale seggio della scuola Dante Alighieri di via Scrosati. Davanti a telecamere e taccuini, il premier continua a tenere la consegna del silenzio rispettata anche il giorno prima, quando molti dei suoi collaboratori gli avevano consigliato di approfittare della festa del Milan, almeno allo stadio, per concedersi un bagno di folla salutare anche in vista del voto. «Ma non voglio prestarmi a strumentalizzazioni», aveva replicato scegliendo l'inusuale low profile. Silenzio, dunque.
Berlusconi arriva alle 12 al seggio, viene accolto dai soliti supporter, dai leader lombardi del partito e da alcuni candidati, tra cui il capogruppo uscente Giulio Gallera. Il senatore e coordinatore regionale Mario Mantovani ha riunito un gruppo di «sindaci amici» dell'hinterland e alcuni studenti che hanno preparato una relazione sull'iniziativa delle cento piazze, che si era organizzata l'8 maggio per la Festa della Mamma. Le operazioni di voto si svolgono velocemente: prima di entrare in cabina, al premier viene chiesto se ha un cellulare. Risposta pronta: «Non ho telefonini perché su di me c'è un eccesso di controllo».
All'uscita, solita folla di curiosi, scatti di foto, strette di mano. Una donna gli chiede di preoccuparsi «degli operai, perché non arriviamo a fine mese con le nostre buste paga». Berlusconi saluta, poi si allontana per incontrare sindaci e studenti accompagnato, tra gli altri, dall'europarlamentare Licia Ronzulli, dal senatore Giancarlo Serafini, dal consigliere regionale Doriano Riparbelli. Il leader del governo, stando a quanto riferito dai presenti, sprona i primi cittadini: perché «siete le sentinelle del territorio, espressione della democrazia popolare» e promette che «punterò molto su di voi». Scherza con le ragazze di bella presenza annunciando un «provino per il bunga bunga», racconta qualche barzelletta e si dice molto «ottimista sull'esito del voto». Soprattutto su Milano, dove Berlusconi si è speso in prima persona (è anche capolista del Pdl) trasformando questa consultazione in un test nazionale pro o contro il governo e la sua persona.
Ma, anche se negli staff elettorali del partito e del sindaco Moratti si teme il rischio ballottaggio (considerato anche il fatto che, rispetto al voto del 2006, si presenta questa volta il candidato del terzo polo che sicuramente toglierà consensi al centrodestra), Berlusconi si dice sicuro del suo: «È di ottimo umore - garantisce chi lo ha ascoltato in via Scrosati - e ha ribadito che a Milano non possiamo perdere perché noi siamo l'unica forza moderata e i moderati non possono votare questa sinistra radicale, i Vendola e i Pisapia fiancheggiati dai centri sociali e dai violenti che hanno una visione della città e del Paese contraria allo sviluppo».
Certo, c'è sempre il problema dei giudici che lo perseguitano da anni. «Se mia mamma lo avesse immaginato - ammette il premier non mi avrebbe incitato a scendere in campo come invece aveva fatto». Anche oggi, giornata di voto e di attesa, il premier trascorrerà la mattina in Tribunale, per assistere a una nuova udienza del processo Mills, durante la quale si ascolteranno come testimoni Flavio Briatore e Marina Mahler, nipote del compositore austriaco, che erano stati clienti dello stesso Mills.
Per chiudere la domenica, Berlusconi va a trovare lo storico amico, il senatore Romano Comincioli, che sta facendo una degenza a casa dopo una malattia. Poi trascorre la giornata nella villa di Arcore, concedendosi un po' di riposo prima che riprenda il tour de force. In serata, partecipa a una cena di imprenditori organizzata a Como.
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