
05/01/11
Il Foglio
Il governo dell’Iran ha annunciato ieri i nomi dei paesi che saranno invitati a inviare i loro osservatori nelle centrali nucleari del regime islamico. Un portavoce del ministero degli Esteri ha detto che i rappresentanti dell’Unione europea, della Russia e della Cina saranno i benvenuti negli impianti che sollevano da anni i sospetti e le critiche della comunità internazionale. Secondo il New York Times, il tour comprende due tappe a Natanz e Bushehr, le grandi Disneyland del programma atomico iraniano. La lista non comprende gli Stati Uniti e non si tratta di una dimenticanza: è l’ultima sfida all’approccio scelto dal presidente americano, Barack Obama, per risolvere il dossier. Quando è salito alla Casa Bianca, Obama promise una soluzione basata sul principio del bastone e della carota: incentivi se l’Iran collabora, sanzioni se decide di proseguire con gli esperimenti clandestini.
Il tempo è passato ma i progressi sono stati minimi. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, alterna le visite in medio oriente alle minacce contro Israele; i suoi ingegneri continuano ad arricchire uranio e spesso lo fanno con l’aiuto dei paesi di confine; il numero delle installazioni segrete cresce, come dicono gli esperti dell’Agenzia Onu che si occupa di energia atomica (Aiea). Secondo Wikileaks, un cablo dell’ambasciata americana a Gerusalemme rivela che l’Iran potrebbe attaccare Gerusalemme in dodici minuti. Al dipartimento di stato dichiarano che l’ultima trovata del governo di Teheran "è astuta" e che serve altro per sviare l’attenzione degli organismi di controllo. I diplomatici europei sostengono che l’offerta di Teheran sia interessante, ma aggiungono che nessuno di loro metterà piede in Iran prima del prossimo round di negoziati. Gli ultimi colloqui si sono svolti il mese scorso: per due giorni, a Ginevra, i negoziatori occidentali assieme a quelli russi e cinesi hanno cercato di stabilire una linea comune fra le proprie, rispettive posizioni e quella del regime islamico. Non possono dire di avere ottenuto grandi risultati. Ora la Turchia si candida a ospitare il prossimo incontro, che potrebbe avvenire già a metà gennaio.
Le parole che Obama ha pronunciato nel 2008, il suo ricorso alla metafora naif del bastone e della carota, sembrano oggi quantomeno avventate. Teheran ha mostrato una grande resistenza alle sanzioni e alle altre minacce che arrivano dall’esterno. Ora, i diplomatici iraniani si permettono di giocare uno scherzo ai colleghi di Washington come l’esclusione dalla visita ai loro impianti nucleari. Dopo aver rinunciato al bastone, Obama sta perdendo la carota. Non è un buon segno per la politica estera della Casa Bianca, che è sempre meno solida quando si tratta di medio oriente.
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