
Anche il tunisino «milanese» Bin Adil Mabrouk, arrestato nel 2001 al confine tra Afghanistan e Pakistan, e trattenuto nove anni a Guantanamo (per essere poi trasferito in Italia, dove è stato detenuto per un altro anno e mezzo, processato, condannato ed espulso la settimana scorsa in Tunisia) aveva un orologio Casio al polso quando fu bloccato alla frontiera pakistana. Per la Cia quell'orologio da 5 euro era considerato un indizio di appartenenza ad Al Qaeda. «Si sa che il Casio veniva dato agli studenti dei corsi qadeisti per la fabbricazione di bombe in Afghanistan, dove agli allievi erano date istruzioni su come far funzionare il timer. Un terzo dei detenuti catturati con questo modello al polso aveva collegamenti con esplosivi, o perché aveva fatto i corsi, o perché collegato a luoghi dove venivano costruite bombe, o per aver avuto rapporti con persone identificate come esperti di esplosivi», si legge nei documenti della Cia.
© 2011 La Stampa. Tutti i diritti riservati