
«Fantasie politiche». Sandro Bondi liquida con due parole le ipotesi di un governo tecnico che potrebbe sostituire quello di Silvio Berlusconi. Con il compito di riscrivere la legge elettorale ed andare alle elezioni. «Nessuno - dice il ministro dei Beni culturali - ha interesse ad un governo tecnico, che non sarebbe accettato dal paese e dagli italiani. C’è un governo unito, coeso, forte, con una grande maggioranza parlamentare, che deve andare avanti per tutto l’arco della legislatura per risolvere i problemi del paese».
E a maggior ragione, conclude Bondi, che è anche coordinatore del Pdl, «non si capisce perché dovremmo andare a elezioni anticipate soprattutto dopo i risultati delle elezioni regionali». L’affondo di Bondi è accompagnato da alcuni attacchi ad Alessandro Campi, direttore di FareFuturo, che ieri su Repubblica ha appunto prospettato l’ipotesi del governo tecnico. «Campi a nome di chi parla? Le sue sono boutade, o sono un complemento del pensiero finiano che si veste di olimpica
serenità? La babele delle lingue non avvicina la soluzione dei problemi» dice ad esempio Osvaldo Napoli, vice presidente dei deputati del Pdl. E Vincenzo Fasano, senatore del Pdl, aggiunge altre sarcastiche domande: «Il trascinatore di folle professore Campi annuncia che potrebbe nascere un governo tecnico, evidentemente con il sostegno di Bersani, Di Pietro, Casini e scissionisti del centrodestra. Una ipotesi del genere è condivisa dagli esponenti politici di FareFuturo?». Al centro del dibattito anche il messaggio tv di Berlusconi. Antonio Di Pietro considera pericolose le sue aperture sulle riforme. «Il 25 aprile - spiega il leader dell’Idv - è una celebrazione troppo importante per credere al canto delle sirene di Berlusconi». Luigi De Magistris, europarlamentare Idv, rincara la dose e definisce il discorso del Cavaliere, pronunciato in «una data sacra per la Repubblica, utilizzata per costruirsi l’immagine di statista e padre della Patria, un tentativo goffo e inopportuno». Dunque dall’ala più antiberlusconiana del centrosinistra pollice verso al dialogo.
Altrove le parole di Berlusconi vengono registrate con molto più interesse. Ma anche con molta cautela e distinguo. Luciano Violante, responsabile riforme del Pd, giudica «in modo positivo» le parole del Cavaliere e commenta «se son rose fioriranno, l’importante è che si cominci a lavorare». Ma le "rose" per Violante devono avere certe caratteristiche. «Non siamo dei bigotti della Costituzione, non la consideriamo un totem da imbalsamare, ma siamo convinti che le riforme si fanno nel suo solco, nella sua tradizione e nei suoi valori», spiega l’ex presidente della Camera. Ed elenca alcuni punti irrinunciabili: separazione dei poteri, rispetto della persona umana, rispetto dell’unità nazionale. E come corollario finale indica una nuova legge elettorale che ridia agli elettori la scelta dei parlamentari.
Buoni propositi che non convincono Nichi Vendola. La voglia di discutere con Fini, dice il governatore della Puglia, «è sintomatico della nostra confusione. Si discuta con Fini, è un’interlocuzione importante, ma questa propensione all’alleanzismo significa che davvero non sappiamo più distinguere le cose». Per Vendola, inoltre, «è impensabile ritenere di poter vincere il berlusconismo con una campagna elettorale. E’ necessaria una lunghissima campagna civile e culturale».
© 2010 La Repubblica. Tutti i diritti riservati