
Sono in aeroporto. Dopo aver oltrepassato il controllo dei bagagli, mi dirigo verso l'uscita da cui partirà il mio volo. Giro l'angolo e, proprio di fronte a un negozio che svende capi d'abbigliamento, vedo un parallelepipedo che brilla nello spazio appartato del corridoio. Del tutto simile ai distributori di bibite e merendine, ha tuttavia un inconfondibile colore giallo oro. Mi avvicino e leggo: «Gold to go. Distribuiamo lingotti d'oro fino di Credit Suisse, Erareurs e Ubs e di altri produttori». C'è anche l'apposita feritoia per inserire la carta di credito e digitare la password. La macchina è piuttosto semplice da usare, somiglia ai dispenser in uso nelle stazioni ferroviarie e nei luoghi di transito, per quanto le cifre richieste per i minilingotti in mostra sul visore siano alte per le tasche di un viaggiatore: dai 300 euro di un piccolo lingotto ai 600 euro dei più grandi. Eroga anche monete d'oro che un tempo venivano offerte nelle pubblicità dei rotocalchi e dei settimanali; il loro commercio è emigrato altrove: qui.
Non sono a Dubai, bensì nell'aeroporto di Bergamo, punto di partenza di molti voli low cost, gran parte dei quali diretti all'Est Europa: Lituania, Estonia, Romania, Ucraina, Polonia. Evidentemente l'azienda che ha posto il distributore in questo trafficato incrocio sa quel che fa: www.gold-togo.com. Il prezzo dell'oro in queste settimane di crisi dell'euro e dei mercati finanziari sale costantemente. Oggi, la Goldenbarre di 10 grammi è quotata nel distributore a 371,42 euro, ma la offrono alla cifra di 367,32. Quasi un affare. Mi siedo nella saletta d'attesa e tengo d'occhio la macchina d'oro, mini Goldfinger da ipermercato che luccica nel corridoio. Non vedo nessuno armeggiarci intorno; parecchia gente lo nota, si ferma curiosa, poi prosegue. Non esce nessun lingottino dalla feritoia per il beneficio di un investitore preoccupato dalla discesa dei suoi titoli azionari. Eppure l'oro è un investimento sicuro. A un tratto ho una intuizione. Questa macchinetta è l'esatto contrario della catena di negozi che negli ultimi anni si è diffusa a macchia d'olio in ogni parte d'Italia: «Compro oro», dove acquistano metalli preziosi, monete, gioielli di famiglia e argenteria, tramutandoli in denaro contante. Mentre mi avvio al gate, penso che probabilmente parte dell'oro drenato dai negozietti nei vicoli dei nostri paesi finisce, in altra forma e dimensione, in uno di questi distributori. Un vecchio proverbio recita: il mondo è metà da vendere e metà da comprare. Guardo «Gold to go» e penso che è sempre la stessa metà che va e che viene. E l'altra dove è finita?
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