
“Come sindacato abbiamo appreso dei 4 morti in soli 10 giorni nel carcere romano di Rebibbia grazie ad una conversazione con gli amici di “Radio Carcere” su Radio Radicale e la cosa ci ha lasciato completamente esterrefatti, tenuto conto che, per quanto ci riguarda, una condizione di tale gravità è stata tenuta abilmente nascosta dagli organi dell’Amministrazione penitenziaria”.
È quanto racconta Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) che aggiunge: “a Rebibbia, per cause definite “naturali”, quali l’infarto, a partire dal 28 maggio e fino al 7 giugno sono morti 3 detenuti, rispettivamente di 45, di 31 e di 68 anni e un’infermiera di 62 anni - prosegue il leader dell’Osapp - e se responsabilità reali non se ne possono attribuire ad alcuno permane il sospetto che, in termini di prevenzione e di organizzazione, ci sia qualcosa che non funziona più a dovere nella struttura penitenziaria un tempo ‘fiore all’occhiellò dell’Amministrazione penitenziaria in ambito nazionale”.
“Peraltro, per colpa di un’Amministrazione centrale del tutto assente, per Rebibbia con 1.800 detenuti in 1.218 posti-letto e almeno 100 agenti in meno del previsto e per Regina-Coeli con 1.050 detenuti in 725 posti e almeno 140 agenti in meno - prosegue il leader dell’Osapp - da nove mesi, con decine e decine di Dirigenti “a spasso” sul territorio nazionale, c’è un Direttore unico per entrambe le strutture, con condizioni di assoluta precarietà anche per quanto riguarda dei diritti minimi lavorativi degli addetti del Corpo, le relazioni sindacali e la piena trasparenza nella gestione dei vari posti di servizio”,
“Per questi motivi, che riteniamo di ingiustificata gravità, per i quali abbiamo lungamente e del tutto vanamente richiesto al Provveditore Regionale e da ultimo al Capo del Dap Tamburino l’adozione di urgenti correttivi - conclude Beneduci - non ci resta che l’adozione nei prossimi giorni di adeguate e tangibili iniziative di protesta da organizzare in prossimità di entrambi gli istituti penitenziari e presso la sede del Dipartimento centrale”
Suicidi e tentati suicidi: 7mila vittime in dodici anni, un convegno a Torino
Nel 2012 i detenuti hanno raggiunto i 7.317 atti di autolesionismo e 1.308 tentativi di suicidio. In un convegno a Torino si parla delle possibili soluzioni.
Nelle carceri italiane si registra un tasso di suicidi 20 volte maggiore rispetto a quello della popolazione libera. Negli ultimi dodici anni si sono avuti complessivamente 692 suicidi, più di un terzo di tutti i decessi avvenuti in carcere. Ancora più rilevante è il numero di tentativi di suicidio e atti di autolesionismo.
Nel 2012 i detenuti hanno raggiunto i 7.317 atti di autolesionismo e 1.308 tentativi di suicidio. Le morti sono state complessivamente 154, di cui 60 per suicidio, con una più elevata frequenza tra le persone più giovani. Una fotografia allarmante, contro la quale è necessario intervenire. Un progetto esiste, e verrà presentato mercoledì 12 giugno nel corso del convegno “Condotte suicidarie in ambito penitenziario in ambito penitenziario”, promosso nell’Aula Magna del Campus Luigi Einaudi, in Lungo Dora Siena 100, dall’assessorato alla Salute della Regione Piemonte, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino (Dipartimento di Giurisprudenza e Dipartimento di Neuroscienze), con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, il Centro Giustizia Minorile del Piemonte, Antigone e Unione delle Camere Penali. [3]
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