
“Dispiace dover constatare che anche il nuovo guardasigilli, con le sue dichiarazioni, dimostri di sottovalutare la débâcle dei diritti umani in corso da molto (troppo) tempo nelle carceri italiane”. Così l’esponente radicale Rita Bernardini, che aggiunge: “Le prese di posizione che leggo ora sui lanci di agenzia sono sconfortanti, troppo simili alle lagne e ai buoni propositi a buon mercato che così a lungo hanno accompagnato l’inerzia dei governi che si sono succeduti nella precedente legislatura”.
“Quello che dovrebbe essere chiaro - prosegue Bernardini - è che le giornate sono scandite dall’orribile accettazione da parte dello Stato dei trattamenti inumani e degradanti per decine di migliaia di ristretti nei nostri istituti penitenziari. Tutti sappiamo, e il ministro Cancellieri non può non sapere, che la nostra Costituzione e le nostre stesse leggi - per non parlare della Carta europea dei diritti dell’uomo - sono violate minuto dopo minuto. Con chiarezza umiliante per l’Italia, lo ha certificato la Corte di Strasburgo l’8 gennaio scorso”.
Continua l’esponente radicale: “Dispiace dover ascoltare la stanca cantilena che l’amnistia o l’indulto sono decisi dal Parlamento. Ma va? E il Governo che fa per porre il Parlamento di fronte alle proprie responsabilità. Dagli ultimi dati risulta che nelle nostre carceri ci sono 30.000 detenuti in più rispetto ai posti disponibili: in Francia stanno pensando a provvedimenti di clemenza perchè c’è un esubero di 10.000 carcerati. Per non parlare della necessità di affrontare la mole dei procedimenti penali pendenti che incombono sulle scrivanie dei magistrati.
Signora ministra Cancellieri - conclude Bernardini - si informi, non sono un milione e mezzo come lei ha affermato alcuni giorni fa nel corso dell’audizione al Senato, ma ben oltre i 5 milioni come è scritto nero su bianco dal Servizio studi del Senato. Anche per questo, in Europa, siamo sorvegliati speciali, non lo dimentichi”.
Sappe: bene Cancellieri, sì a lavoro fuori da istituti pena
“Ogni iniziativa finalizzata a rendere davvero rieducativa la pena attraverso il lavoro dei detenuti è sempre una buona iniziativa, anche perchè riduce notevolmente la tensione detentiva di chi oggi sta in cella 20/22 ore al giorno”. Lo scrive in una nota Donato Capece, segretario generale del Sappe, commentando la presentazione a Roma del progetto Frescobaldi per Gorgona, che vedrà la produzione di una selezionata quantità di bottiglie della celebre casa vinicola ad opera dei detenuti del carcere di Gorgona.
“Stare chiuso in cella 20 ore al giorno, senza far nulla, nell’ozio e nell’apatia, alimenta una tensione detentiva nelle sovraffollate celle molisane ed italiane fatta di risse, aggressioni, suicidi e tentativi suicidi, rivolte ed evasioni che genera condizioni di lavoro dure, difficili e stressanti per le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria - afferma Capece. Noi riteniamo che si debba fare di più per far lavorare tutti i detenuti. Ad esempio impiegando quelli con pene brevi da scontare e con reati di minore allarme sociale in progetti per il recupero del patrimonio ambientale occupandosi della manutenzione e della pulizia dei parchi e delle ville comunali della città e della pulizia dei greti dei torrenti. Il Sappe - conclude la nota - è da sempre favorevole alle attività lavorative dei detenuti svolte fuori dalle mura carcerarie”.
Moretti (Ugl): Cancellieri centra questione
“Ancora una volta, il ministro Cancellieri ha centrato il nocciolo del problema: bisogna riformare il sistema delle pene con misure rieducative alternative alla detenzione ma senza compromettere la sicurezza del nostro Paese come accadrebbe promuovendo l’indulto o l’amnistia”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta quanto dichiarato oggi dal ministro della Giustizia a margine della presentazione di un progetto di lavoro per i detenuti del carcere di Gorgona. “Come dichiariamo da tempo - aggiunge il sindacalista, siamo quindi favorevoli ad un processo di riforma del sistema penitenziari o a 360 gradi e a misure alternative alla detenzione, ma soprattutto riteniamo doveroso assumere un atteggiamento diverso nella difesa dei diritti umani delle persone detenute inaugurando una nuova fase in cui il sistema detentivo dell’Italia torni ad essere all’avanguardia come lo è stato dopo l’introduzione della legge 663/86, la cosiddetta Legge Gozzini”.
“Un nuovo sistema - conclude il sindacalista - è urgente, non da ultimo, per ridare dignità al lavoro degli agenti di Polizia Penitenziaria, servitori dello Stato che non possono continuare ad essere impiegati in un contesto strutturale, strumentale e organizzativo che gli stessi rappresentanti delle istituzioni nazionali hanno più volte definito vergognoso”. [3]
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