
Decreto “svuota carceri”, sì del Senato al testo del Governo. Finanziamento illecito ai partiti, cancellato il carcere preventivo: un emendamento porta da 4 a 5 anni il tetto per la custodia cautelare.
Niente più carcere preventivo per il finanziamento illecito ai partiti e per tutti i reati puniti con una pena massima inferiore a 5 anni Lo ha deciso ieri l’Aula del Senato, alzando da 4 a 5 anni il tetto al di sotto del quale non potrà più scattare la custodia cautelare in carcere.
E tra i (pochi) reati sottratti alle manette ci sono anche alcuni falsi nonché l’illecito finanziamento ai partiti. L’emendamento è stato votato all’unanimità e inserito nel ddl di conversione del decreto “svuota carceri”, peraltro letteralmente “svuotato” della sua parte più significativa, quella che cancellava le preclusioni introdotte nel 2005 con la legge ex Cirielli nei confronti dei recidivi, dì nuovo esclusi, quindi, da qualunque beneficio e misura alternativa (detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale, permessi premio) nonché dalla possibilità di ottenere la sospensione dell’esecuzione della condanna.
È dunque un decreto svuotato quello approvato ieri dal Senato con 206 sì e 59 no, che ora passa alla Camera con l’obiettivo di essere licenziato prima della pausa estiva, cioè entro il 10 agosto. Uno svuotamento che, oltre a contraddire lo spirito del provvedimento voluto dal governo, avrà anche effetti surreali: i recidivi che in base al decreto legge hanno già ottenuto (o li otterranno nei 60 giorni della conversione in legge) benefici e misure alternative, rischiano dì vederseli revocare e di tornare in carcere sulla base della diversa legge di conversione. Una schizofrenia legislativa difficile da spiegare se non con i timori del governo di essere sconfessato dalla sua stessa maggioranza, incapace di portare avanti con coerenza la battaglia di civiltà per il carcere (che va ben al dì là dell’emergenza sovraffollamento) e di opporsi con determinazione a chi - Lega, M5S - cavalca un distorto concetto di “certezza della pena” per conquistare consenso popolare. Non senza contraddizioni: i grill ini, da un lato firmano appelli contro l’emergenza carcere che prevedono anche il superamento delle preclusioni contenute nella ex Cirielli e, dall’altro, in Parlamento votano per mantenere quella legge carcerogena.
Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri fa buon viso a cattiva sorte. “Sono contenta perché abbiamo portato a casa un primo risultato, dopo alcuni cambiamenti che sì erano rivelati necessari” dice uscendo da Palazzo Madama Ma al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria prevale sconforto e delusione per questo passo indietro del Senato, che di fatto azzera l’effetto decongestionamento, stimato prudenzialmente dal ministro, al momento del varo del dl, in 6mila persone, quasi tutte recidive (le uniche, nella realtà, che vanno in carcere).
Quanto basta per rafforzare la richiesta di amnistia e indulto, tanto più che ad agosto le carceri si trasformeranno in inferno. E forse è questo l’obiettivo vero del Parlamento, sebbene la clemenza non appartenga al novero delle misure “strutturali” che la Corte dei diritti dell’uomo ci ha imposto di adottare entro maggio 2014, dopo la nota condanna dell’Italia per trattamenti inumani e degradanti (a Strasburgo già pendono circa 5mila ricorsi di detenuti, ma il numero è in aumento).
Ciò nonostante, la maggioranza valuta il voto di ieri come un “passo avanti coraggioso” e preannuncia che, in occasione dell’esame del ddl sulla messa alla prova, andrà avanti su questa strada, soprattutto per limitare ancora il ricorso alla custodia cautelare.