
Una via di fuga chiamata carcere. Per evitare le forche caudine di intercettazioni e responsabilità civile dei magistrati, ma anche di un inasprimento della lotta alla corruzione, il ministro Anna Maria Cancellieri si prepara a sparigliare il gioco affrontando per prima l’emergenza delle prigioni sovraffollate. Forte di una convinzione espressa più volte con i suoi più stretti collaboratori: “Questo carcere, così com’è, non migliora certo le persone”.
Sono in molti ad aspettare al varco il ministro che siede sulla poltrona più scomoda del governo di larghe intese, non a caso un tecnico sganciato dai partiti. Le visioni di Pdl e Pd sulla giustizia sono praticamente inconciliabili e le feroci polemiche di questi giorni, dalla manifestazione di Brescia in poi, sono lì a dimostrarlo. Il Guardasigilli si è finora segnalato per il silenzio, nonostante le sollecitazioni di ogni tipo, e lo stesso Enrico Letta sulla giustizia si è tenuto sulle generali anche in sede di presentazione del programma di governo.
In via Arenula meditano di esordire con un “pacchetto carceri” che segua tre direttrici: la costruzione di nuovi penitenziari, un maggior utilizzo dei braccialetti elettronici e la proroga del decreto “svuota carceri”. Ma ci sono anche riforme più strutturali, già chiaramente delineate nella relazione finale dei Saggi del presidente Napolitano, come un maggior ricorso all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, un vasto processo di depenalizzazione dei reati meno gravi e “l’introduzione su larga scala di pene alternative alla detenzione”.
Con oltre 65 mila detenuti su 44 mila posti regolamentari l’Italia è ampiamente fuori legge e a gennaio scade la moratoria concessa all’Italia dalla Corte di Strasburgo per evitare altre condanne per “trattamenti inumani e degradanti”. “Mi auguro che questo governo riesca a girare pagina sulle condizioni delle carceri”, afferma il ministro degli Esteri Emma Bonino. E sulla materia vigila il presidente della Repubblica, che sarebbe addirittura pronto a firmare un’amnistia, se solo i partiti trovassero un’intesa. [3]