
Enrico Letta non intende farsi trascinare nella vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi, logorare sull’Imu, intimorire dalle minacce di crisi di governo che vengono dal Pdl. A Baku il premier ha voluto mettere un punto fermo ai venti di guerra, soprattutto ha di fatto smentito indiscrezioni di stampa secondo cui si starebbe lavorando informalmente per trovare una soluzione al caso giudiziario del Cavaliere dopo la condanna in Cassazione.
Il ministro per i Rapporti con il parlamento, Dario Franceschini, la mette così: “Non esistono strategie politiche per uscire da una vicenda giudiziaria”. In sostanza nessuno si faccia illusioni che si possa lavorare a ipotesi tipo amnistia, quindi a una riforma della giustizia che alla fine approdi a questo provvedimento.
A Palazzo Chigi non sono piaciute alcune affermazioni di esponenti del Pdl che continuano a ribadire un concetto: non si sono valutate a fondo le conseguenze della questione Berlusconi. Una critica rivolta ai Democratici, al segretario Epifani in particolare, accusato di “intransigenza”. Un’accusa che sembra rivolta anche al premier e a tutti ministri del Pd. Ecco, a questo Letta non ci sta. Si spiegano così le parole del presidente del Consiglio a Baku, quando ha detto che “il governo è impegnato sulle cose da fare, ad affrontare i problemi degli italiani e nulla mi distoglierà da questo”.
Appunto, come dice Franceschini, “non esistono strategie politiche per uscire da una vicenda giudiziaria”. Per dirla in maniera esplicita: a nessuno, dentro e fuori la delegazione Pdl al governo, venga in mente di proporre soluzioni parlamentari. L’amnistia, appunto.
Così come non ci può essere alcun intervento sulla giunta del Senato che a settembre dovrà decidere la decadenza di Berlusconi. Finora non ci sono state richieste in tal senso dentro il governo, ma l’uscita di Letta è servita a confutare il sospetto, il solo chiacchiericcio giornalistico che tra ministri Pd e Pdl ci sia un lavorio per tirare fuori dai guai giudiziari Berlusconi. Uno stop a un eventuale tormentone estivo, come se il governo non andasse in vacanza per trovare il modo di salvare l’ex premier.
Letta si rende conto che tra qualche settimana si potrebbe trovare di fronte a una “reazione imprevedibile” del Cavaliere. Ma il premier sente di avere la coscienza a posto e di mettercela tutta nel trovare un compromesso sull’Imu. Di un compromesso tuttavia si deve trattare, che quindi non può accontentare totalmente il
Pdl e scontentare il Pd che preme su altre priorità. Tenuto conto che i conti dello Stato non sono interpretabili, le risorse devono essere distribuite in maniera oculata.
Nessuno forzi la mano e faccia pressioni indebite a Palazzo Chigi e al Quirinale. Sono pressioni controproducenti. L’“agibilità politica” di Berlusconi, come viene chiamata dal Pdl la necessità di non fargli scontare la pena, non rientra nei compiti del governo. Per i Democratici nemmeno in quelli del capo dello Stato.
A Largo del Nazareno, sede del Pd, si ha la sensazione che ad Arcore si faccia strada la consapevolezza di trovarsi in un vicolo cieco. Questa è la speranza, che cioè il Cavaliere si rassegni a scontare la pena: cominciare quantomeno a scontarla e consentire al Colle di giustificare un atto di clemenza. Se invece si procede al muro contro muro, tutti sono destinati a rompersi la testa. Ma alla fine il risultato sarebbe, come ha sottolineato Letta a Baku, la caduta del governo e, per gli italiani, il pagamento dell’Imu per intero, compresa la rata che non hanno pagato a giugno. [3]
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