
L’Aula di Montecitorio all’esame dei circa 450 emendamenti proposti al testo passato in Senato. Contrastato soprattutto dal Carroccio. Buonanno: “Un miliardo e mezzo di euro per mantenere 25mila stranieri venuti in Italia per delinquere è folle”. Scaramuccia con il vicepresidente della Camera Giachetti quando l’esponente leghista chiede di esprimersi in dialetto.
È cominciato nell’aula della Camera l’esame con votazioni del dl carceri. Sul testo sono stati presentate circa 450 proposte di modifica, per la maggior parte firmate dalla Lega Nord, che contrasta duramente il provvedimento già varato in Senato.
Nel corso delle votazioni sugli emendamenti, il leghista Gianluca Buonanno ha sintetizzato così la posizione del Carroccio: “Un miliardo e mezzo di euro per mantenere 25mila stranieri venuti in Italia per delinquere è folle. Bisogna rimandarli a casa”.
L’intervento di Buonanno ha coinciso con una scaramuccia con il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti. Buonanno ha chiesto di spiegarsi in dialetto. “No, no. Me lo dica in italiano”, la replica severa di Giachetti, “a Montecitorio si parla italiano. Non in dialetto”. L’esponente del Carroccio: “Ma come, qui a Roma voi parlate in dialetto. Con questo provvedimento ‘nduma i numer”. È intervenuto anche Gianluca Pini, vicecapogruppo della Lega Nord, difendendo “la libertà espressiva del collega” visto che “più e più volte quest’aula ha visto interventi in lingue locali”.
Il vicepresidente a questo punto ha rimandato al regolamento e ha concluso: “Il presidente decide e ha facoltà di interrompere un collega perché questa rientra tra le sue responsabilità e intende esercitarla. Quanto all’uso del dialetto, potrei richiamarla a numerosi precedenti, ne ho uno in mano, in cui si richiama a parlare in italiano perché tutti possano capire”.
Tornando al dl carceri, dopo l’approvazione di Montecitorio, che dovrebbe arrivare in giornata, il testo dovrà tornare in terza lettura a Palazzo Madama, perché modificato in commissione Giustizia della Camera. Ecco tutte le novità previste dal dl dopo il passaggio in commissione Giustizia di Montecitorio.
Reintrodotta la custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari per chi è accusato del reato di stalking, ma anche per i reati di finanziamento illecito ai partiti, falsa testimonianza e abuso d’ufficio. In prima lettura al Senato era stato approvato un emendamento, presentato in commissione dal senatore Gal, Lucio Barani, che spostava il tetto per il carcere preventivo a 5 anni. L’innalzamento della soglia per la custodia tagliava quindi fuori i reati che hanno una pena massima di 4 anni: il finanziamento illecito ai partiti, lo stalking, la falsa testimonianza, l’abuso d’ufficio, il favoreggiamento e la contraffazione. Con il passaggio alla Camera però la modifica è stata cancellata: la commissione Giustizia, infatti, ha reintrodotto la possibilità di custodia per i reati con pena massima di 4 anni.
L’articolo 1 del decreto legge introduce modifiche al codice di procedura penale, relativamente alla disciplina degli arresti domiciliari e a quella della sospensione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive. Ora sarà il giudice a stabilire il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato. E ancora: per i detenuto (per cui non vi sia una particolare necessità del ricorso alle forme detentive più gravi) il provvedimento interviene sulla cosiddetta “liberazione anticipata”, istituto che premia con una riduzione di pena (pari a 45 giorni per ciascun semestre) il detenuto che tiene una condotta regolare in carcere e partecipa fattivamente al trattamento rieducativo (prevista dall’articolo 54 dell’ordinamento penale).
La proposta contenuta nel decreto prevede la possibilità che il pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di carcerazione, verifichi se vi siano le condizioni per concedere la liberazione anticipata e affidi, in caso di valutazione positiva, al giudice competente la decisione. In questo modo, il condannato potrà attendere “da libero” la decisione del tribunale di sorveglianza sulla sua richiesta di misura alternativa. Inoltre, per le donne madri e i soggetti portatori di gravi patologie viene data la possibilità di accedere alla detenzione domiciliare, senza dover passare attraverso il carcere, ma solo per i casi in cui debba essere espiata una pena non superiore ai quattro anni.
La modifica introdotta fa sì che le detrazioni di pena siano anche “anticipate”, al fine di limitare l’ingresso in carcere per brevi periodi di detenzione. Sarà possibile, infatti, sospendere l’ordine di esecuzione ogni volta che la pena detentiva da espiare risulti inferiore: a 3 anni; a 6 anni per i reati connessi alla tossicodipendenza; e a 4 anni nei casi previsti dall’articolo 47-ter dell’ordinamento penitenziario (donne incinte, padri e madri di figli con meno di dieci anni, persone in condizioni di salute particolarmente gravi).
Con il decreto viene ampliata la possibilità per il giudice di ricorrere, al momento della condanna, a una soluzione alternativa al carcere, costituita dal lavoro di pubblica utilità. Questa misura, prevista per i soggetti dipendenti da alcol o stupefacenti, fino ad oggi poteva essere disposta per i soli delitti meno gravi in materia di droga, mentre con il provvedimento potrà essere disposta per tutti reati commessi da questa categoria di soggetti.