
Era il 12 maggio del 1977, quando la 18enne militante radicale Giorgiana Masi venne uccisa da un proiettile calibro 22 durante una manifestazione non autorizzata organizzata per celebrare il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio. Trentasei anni dopo, i collettivi e i movimenti per le donne romane hanno scelto di sfidare il divieto della Questura (per motivi di ordine pubblico), sfilando da Campo de’ Fiori fino a Ponte Garibaldi, dove venne uccisa la studentessa. E dove hanno simbolicamente cambiato, pennarello alla mano, l’intestazione della targa di Lungotevere Raffaello Sanzio, divenuto Giorgiana Masi.
Un corteo per Giorgiana e «tutte le donne vittime di violenza», ma anche contro la Marcia per la Vita, che nelle stesse ore sfilava dal Colosseo a San Pietro. E proprio per evitare contatti tra chi voleva ricordare la militante radicale e chi, invece, si era dato appuntamento per marciare contro l’aborto, la Questura non aveva autorizzato, nei giorni scorsi, la prima iniziativa. Un divieto che non ha scoraggiato alcune centinaia di persone che, alle 9 di ieri, si sono date appuntamento a Campo de’ Fiori. «12 maggio: nessuna marcia sui nostri corpi. Giorgiana vive» e «Oggi come ieri lo Stato uccide, noi non dimentichiamo», recitavano due grandi striscioni, mentre molti tenevano cartelli con le foto della studentessa e un invito a riaprire le indagini sulla sua uccisione: «Non cada il silenzio sul 12 maggio 1977». Da Campo De’ Fiori, dopo una serrata trattativa con la polizia, giovani, attivisti, uomini e donne, hanno sfilato per via dei Giubbonari e largo Arenula, per proseguire fino a Ponte Garibaldi. Qui c’è stato qualche momento di tensione, quando è stata occupata la strada, e le forze dell’ordine hanno cercato di evitare il blocco del traffico.
CONTRO IL DIVIETO
«Come 36 anni fa, centinaia di manifestanti hanno sfidato l’assurdo divieto della Questura di manifestare per portare un fiore sulla lapide che ricorda Giorgiana - ha commentato Giovanni Barbera, candidato a presidente del nuovo Municipio I e al consiglio comunale per la coalizione che sostiene Sandro Medici sindaco - La manifestazione è andata di gran lunga meglio, visto che non ci sono stati incidenti, a parte qualche minuto di tensione tra i manifestanti che avevano occupato la sede stradale e le forze dell’ordine». «Roma ha lanciato il suo grido di libertà contro l’oscurantismo cattolico», ha detto Sandro Medici, candidato sindaco della Repubblica Romana. «Nonostante i divieti il corteo ha raggiunto il luogo dove Giorgiana venne uccisa. È stata una dimostrazione di quella consapevolezza politica che rifiuta ogni forma di discriminazione e rivendica diritti di libertà e di autodeterminazione», ha concluso Medici. Ad esprimere sostegno all’iniziativa, Marta Bonafoni, consigliera regionale del gruppo Per il Lazio: «La piena cittadinanza può essere raggiunta solo attraverso un allargamento dei diritti. Contemporaneamente con la Marcia per la Vita abbiamo visto sfilare ancora una volta gruppi di estremisti ed oltranzisti che negano la libertà della donna e i diritti acquisiti dalla società intera in anni di lotte fatte e vinte in nome della nostra Costituzione». Polemico anche Gianluca Peciola, candidato di Sel al consiglio comunale: «La Marcia per la vita, a cui hanno aderito organizzazioni di estrema destra, è una provocazione. I diritti conquistati dal movimento delle donne vengono insultati dalla Roma dell’integralismo e del neofascismo». Anche Twitter ha voluto ricordare Giorgiana con decine di cinguettii: per tutta la giornata, il suo nome è stato tra i primi dieci trending topic del popolare social network.
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