
«Non è affatto vero che mullah Mohammad Omar è stato ucciso - dichiara il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid - si tratta di voci assolutamente infondate, di propaganda nemica per fiaccare il morale dei combattenti. Il mullah è vivo e vegeto in Afghanistan». La notizia della morte dell'ex capo del governo dei talebani era stata diffusa dalla stazione televisiva Tolo, una tv privata afgana, e rilanciata subito dopo da un'agenzia di stampa cinese. Secondo Tolo Tv, il mullah Omar sarebbe stato ucciso, forse da un drone statunitense, forse dai servizi segreti, mentre in compagnia dell'ex-capo dell'Inter-Service Intelligence (Isi) pachistana Hamid Gul si recava da Quetta al North Waziristan. Hamid Gul, raggiunto al telefono da Il Messaggero, smentisce come «spazzatura insensata» la notizia e dichiara assolutamente false le voci di ogni suo possibile coinvolgimento in quella che definisce una «storia completamente delirante». Poche ore dopo i servizi segreti afgani, per bocca del portavoce del National Directorate of Security Nutfullah Mashal, rendono noto che il mullah Omar «è scomparso dalla sua residenza di Quetta da cinque giorni» ma che non possono assolutamente confermare la notizia della sua morte.
Non è la prima volta che si diffondono notizie incontrollate sulle gesta, sulla vita e sulla morte del capo dei talebani afgani, che sull'invisibilità e sulla sua allergia a macchine fotografiche e riprese televisive ha costruito parte della sua leggenda. Anche i suoi più fedeli seguaci, si dice, non lo vedono in carne e ossa da circa sette anni. Alto, con un occhio bendato e una fluente barba scura, il mullah Ornar non dovrebbe passare certamente inosservato. Eppure, nessuno lo ha più visto da quando è fuggito a bordo di un sidecar sotto il naso delle truppe americane appena entrate in Afghanistan. Da allora, era il 2001, il mullah avrebbe tranquillamente vissuto in Belucistan amorosamente assistito dagli uomini dell'Isi, fondando colà la cosiddetta shura di Quetta che raccoglie il meglio dei combattenti afgani e che lancia operazioni contro la coalizione Nato attraversando il confine mentre le guardie di frontiera pachistane chiudono un occhio.
In realtà, quando sia i servizi afgani che Hamid Gul dichiarano che il mullah non si trova, o non si trova più, a Quetta, non mentono. Da più di un anno, difatti, proprio per evitare che venissero colpiti da un drone americano, sembra che Muhammad Omar e i suoi siano stati trasferiti al sicuro a Karachi. Che si è difatti riempita all'inverosimile di barbuti pashtun e che nell'ultimo anno ha conquistato il poco ambito primato di città più violenta del Pakistan, con un incremento degli omicidi del 288 per cento. Mentre si rincorrevano le voci sulla presunta morte del mullah Omar, proprio a Karachi era in corso, ed è durata più di quindici ore, una battaglia rocambolesca tra l'esercito pachistano e venti appartenenti al gruppo terroristico Tehrik-i-Taliban-i-Pakistan, che hanno assaltato una base della Marina militare. Lo scontro ha lasciato sul terreno tredici morti e sedici feriti e, secondo il portavoce del gruppo Ehsanullah Ehsan, «è stata la nostra vendetta per il martirio di Osama bin Laden. La prova che siamo ancora uniti e potenti».
Mentre bin Laden, però, costituiva ormai un peso morto per Islamabad, il mullah Ornar rimane di fondamentale importanza sia per il Pakistan che per gli Stati Uniti. Se la via per la conclusione dei conflitto afgano passa per le trattative coi talebani, l'invisibile mullah è ancora molto più utile da vivo che da morto.
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